Finnish Jazz. Intervista. Mikko Pettinen

Foto: Fabio Ciminiera










Intervista a Mikko Pettinen


Recensione a Central Playa

Jazz Convention: Cominciamo sul lavoro sulla composizione, sul lavoro che la band compie nella scrittura dei brani.


Mikko Pettinen: Quando compongo dei brani per MP4, io penso prima di tutto a questo gruppo, a certi groove, a dei tempi che voglio che la band suoni: da questo comincio poi a scrivere delle cose, delle linee, questo è uno dei modi in cui lavoriamo. Nella maggior parte dei casi io propongo al gruppo i brani in una forma molto semplice e poi creiamo gli arrangiamenti tutti insieme. E spesso gli arrangiamenti portano il brano in una direzione molto diversa da quella che era insita nel’idea di partenza. E questa è una cosa molto stimolante.



JC: Quindi lavorate a tutti gli effetti come una band e non ad esempio, come il tuo quartetto.


MP: Io sono il leader della band, porto la maggior delle composizioni, ma, a tutti gli effetti, la situazione è molto più democratica: tutti e quattro portiamo le nostre idee e scambiamo opinioni e ascoltiamo reciprocamente i diversi punti di vista. Per cui allo stesso tempo è un gruppo ed è il mio quartetto.



JC: Il fatto che tu proponga i brani agli altri componenti e che poi questi cambino nel momento che li suonate, che li arrangiate diventa significativo per la crescita della band.


MP: Certo, non voglio portare agli altri gli arrangiamenti già belli e fatti e dire loro “ecco, suoniamo”. Voglio ascoltare gli altri musicisti del gruppo perchè sono davvero ottimi musicisti e buoni conoscitori di musica. Ad esempio il tastierista, Tuomo Prättälä, è capace di suonare ogni genere musicale, dal free jazz alla salsa, è un ottimo musicista di funk e hip-hop ed è un ottimo cantante di soul. É talentuoso in ogni genere ed è capace di portare idee diverse, prese dai vari contesti, e sempre valide.



JC: E così si aggiungono alla musica scritta i vari accenti di questi generi, le diverse influenze. Parliamo delle influenze… il fatto che suoniate con tromba e Fender Rhodes, rimanda al periodo elettrico di Miles Davis, con Herbie Hancock, Joe Zawinul e Chick Corea…


MP: É vero, la combinazione di tromba e Fender Rhodes rimanda subito ai dischi di Miles Davis dei primi anni ’70. Ma, come è ovvio, vogliamo portare anche altri elementi. Io uso diversi effetti sulla tromba, per ottenere un suono nuovo, fresco, e lo stesso fa Tuomo sulle tastiere. Il nostro batterista, Toni Porthén, usa ritmi e tempi più moderni, ad esempio in qualche brano richiama il ritmo della musica house, così come dei tempi funk e delle ritmiche di bossa nova, non si muove necessariamente in un ottica di jazz puro. Questo perchè ognuno di noi ascolta diversi generi di musica.



JC:Abbiamo parlato della scrittura e abbiamo già accennato a qualcosa sui suoni. Gli effetti che aggiungi sulla tromba sono, in pratica, gli effetti usati dai chitarristi, sul Fender ho visto il pedale del chorus, quello del riverbero…


MP: In effetti è una cosa che mi è sfuggita un po’ di mano, ma ormai è un anno che non compro più nuovi effetti, mi sono calmato… Per una buona parte del concerto io suono, comunque, con il suono naturale della tromba, con un po’ di riverbero. In altri brani, utilizzo il delay, il pedale del wah-wah, qualche filtro, per ottenere un suono di tromba particolare e, in un paio di pezzi, uso un three-voice harmonizer, per questo mi porto dietro il multi-effetto, che poi, alla fin fine, mi serve per avere quel suono armonizzato in quei due brani.



JC: Questo aspetto della vostra musica, gli effetti, il suono, è una cosa che si è evoluta con il susseguirsi dei concerti, con la crescita del gruppo?


MP: Ho comprato i miei primi effetti quando suonavo con un gruppo più orientato verso il funk, il soul e l’r’n’b, ed ero l’unico fiato nella formazione: usavo l’harmonizer per ottenere il suono della sezione fiati. L’uso del wah-wah proviene in parte dall’ascolto di Bitches Brew. Questo aspetto viene sviluppato dal gruppo con il suonare insieme: anche Toni e Tuomo utilizzavano degli effetti nei loro precedenti gruppi e hanno portato in MP4 la loro esperienza. In ogni caso, anche l’uso degli effetti non è pianificato, fa parte dell’improvvisazione: quando una canzone prende una certa direzione viene naturale usare qualche effetto particolare, magari anche strano, un delay o qualche loop. Lo stesso accade a Tuomo, nell’accompagnare un mio assolo, di aggiungere dei colori in più, con qualche effetto, nel momento in cui stiamo suonando. Gli effetti danno la possibilità di improvvisare anche con i suoni ed aggiungere qualcosa di diverso, di inaspettato.



JC: Tra i vari effetti, usate anche la voce… il brano che da il titolo al vostro disco è, in parte, una canzone…


MP: Io canto da sempre: ho cantato nei cori, in diverse soul band, in vari gruppi… lo stesso, il nostro tastierista è davvero un ottimo cantante. A noi piace avere molti colori differenti nel gruppo e la voce aggiunge senz’altro un accento ulteriore. In Central Playa abbiamo cantato un testo, tra i brani nuovi ne abbiamo uno in cui, nel finale, cantiamo senza parole, con dei suoni un po’ afro… Sicuramente non andremo nella direzione di comporre canzoni normali, ma continueremo ad usare la voce come un ingrediente in più, che possiamo sempre usare nel momento in cui abbiamo la giusta sensazione.



JC: Altri ingredienti in Central Playa li avete aggiunti con gli ospiti. Come li avete scelti e come li avete sistemati nei diversi brani?


MP: Quando abbiamo iniziato a registrare il cd, abbiamo subito pensato di avere un percussionista, che infatti suona in diversi brani, per darci un aspetto particolare sul ritmo. In un brano abbiamo fatto un arrangiamento che richiamava, in un certo senso, il Bolero e in quel caso abbiamo realizzato tre o quattro tracce da sovraincidere. Come per gli altri elementi, anche questo lo abbiamo visto come un ulteriore colore per il nostro lavoro. Abbiamo una sezione fiati in The Hedgehog, che abbiamo pensato con un accento gospel. Questo per quanto riguarda gli ospiti; per il resto, in alcune ci sono più voci che ho realizzato utilizzando il flicorno, il flugabone, che sarebbe un flicorno basso, che mi hanno prestato e ho suonato in tre brani. In MP4U, infine, c’è l’intervento, al clarinetto basso, di Pepa Päivinen, sax baritono della UMO Jazz Orchestra, band nella quale suono regolarmente anch’io: Pepa è un grande musicista di free jazz, il migliore, a mio parere, in Finlandia. É stato un piacere avere un clarinetto basso perchè il suono di quel brano aveva bisogno di un clarinetto basso.



JC: Infine, qual è il tuo punto di vista sulla scena jazz finlandese?


MP: La situazione migliora di anno in anno. Ci sono moltissimi buoni musicisti: in Finlandia abbiamo un ottimo sistema di educazione musicale e questo permette la presenza di un numero sempre maggiore di buoni musicisti. Inoltre, nel nostro paese, sta crescendo il pubblico che viene ai concerti, contrariamente a quanto sento che accede in altri paesi. E ci sono band, come i Five Corners Quintet, come i Teddy Rok Seven, che combinano, nella loro musica, gli elementi del jazz a quelli della scena dei club, e questo porta molti spettatori ai loro concerti. In questo modo molta gente puo interessarsi anche ad altri concerti e ad altri dischi di jazz. Ed è anche bello vedere ai nostri concerti nuove persone, rispetto ai soliti appassionati: alle volte capita di conoscere e riconoscere nei concerti di jazz la maggior parte degli spettatori, che spesso sono altri musicisti di jazz, studenti e persone dell’ambiente… speriamo bene per il futuro.