Finnish Jazz. Recensione. Turgan.

Tuure Koski - Severi Pyysalo - Marko Timonen - Turgan

Rockadillo – ZENCD2001 – 2004




Tuure Koski: contrabbasso, basso elettrico

Severy Pyysalo: vibrafono, melodica, sequencer programming

Marko Timonen: batteria, percussioni


Intervista a Tuure Koski





Turgan è un trio particolare composto da basso, elettrico nella maggior parte dei casi, dal vibrafono e dalla batteria: l’unione di suoni lunghi del basso elettrico e del vibrafono, sostenuti ulteriormente dalle percussioni utilizzate da Marko Timonen, dagli inserti elettronici e dalla melodica, conferisce al disco una dimensione continua, da ai brani uno sviluppo fluente, fa della declinazione stessa del suono una delle prerogative principali del disco.


Il ritmo, innanzitutto: si passa, sempre tenendo presente quanto detto finora della continuità sonora, dal sincopato, una sorta di ritmo reggae nel brani di apertura, The average extreme, alle atmosfere più moderne di Neptunus, un ispirato e delicato drum’n’bass; dalla canzone (Alone again, il celebre successo di Gilbert O’Sullivan), alle atmosfere liriche e distese di Hehku, all’incalzare ritmato e sostenuto di Pieni sana, Charade e Too much nightlife. Turgan è una formazione che riesce ad articolare la propria scrittura e la propria interpretazione in modi differenti e a trovare una dimensione coerente e significativa nei vari contesti. Il lavoro sui suoni, di cui si parlava in apertura, trova perciò un’applicazione e uno svolgimento significativo: la gestione di un vocabolario sonoro ampio che, oltre agli strumenti e all’utilizzo degli strumenti, si colora con le voci che chiudono May 11th, con gli inserti elettronici presenti in The average extreme, alla melodica che Severy Pyysalo aggiunge all’inizio di May 11th, ai rumori e al vociare del pubblico che prosegue durante tutta la traccia nascosta presente al termine del disco.


Ne viene fuori un discorso che si insinua nelle pieghe di una reinterpretazione del piano trio e che mette in evidenza una posizione originale: un discorso sonoro e compositivo duplice che fa leva sulla predisposizione ritmica e percussiva dei tre strumenti e sulla vena lirica dei tre musicisti, su una scrittura capace di muoversi in direzioni diverse, come detto, ma, allo stesso tempo, capace di inserire le proprie coordinate, di avere una vena precisa che scorre per tutto il disco e che riesce a cogliere e riportare nella musica l’accento personale e l’approccio particolare dei tre. Di sicuro Tuure Koski, Severi Pyysalo e Marko Timonen sono tre musicisti in grado di cogliere aspetti musicali differenti e di dare il meglio in ogni direzione: trascinanti in Pieni Sana, ammiccanti in Alone again (naturally) e nel finale di May 11th, che cresce come il finale di un film della commedia italiana anni ’60, lirici in Lempeä, per giungere alla tensione di Neptunus e di Charade. Da notare, una certa vena cinematografica che scorre nel lavoro: da Charade e Alone again, colonne sonore di film e telefilm, all’ambientazione sottomarina di Neptunus, a May 11th.


Il trio riesce ad unire le potenzialità dei diversi musicisti e a stabilire una voce propria della formazione grazie anche all’amalgama e alla lunga consuetudine che unisce le storie musicali dei tre da ormai quindici anni, come si potrà leggere anche nel’intervista realizzata con Tuure Koski.