Produzioni Fuorivia – 0175042RAF – 2006
Gianmaria Testa: voce, chitarra
Luciano Biondini: fisarmonica
Gabriele Mirabassi: clarinetto
Vittorio Piombo: violoncello
Piero Salvatori: violoncello
Sebastiano Severi: violoncello
Claudio Dadone: chitarra
Enzo Pietropaoli: contrabbasso
Philippe Garcia: batteria, percussioni
Bill Frisell: chitarra
Greg Cohen: contrabbasso
Paolo Fresu: tromba
Piero Ponzo: sassofoni
Da questa parte del mare è per Gianmaria Testa al tempo stesso una dichiarazione di intenti e un percorso morale. Scritto per onorare, nell’unico modo che gli è possibile realizzare, tutti coloro che hanno tentato di raggiungere il nostro paese e per tutte le mille ragioni che li hanno spinti a farlo. Per quelli in particolare che non ci sono riusciti.
Testa da sempre lascia tracce impercettibili, che però destano sensazione rispetto all’esito: poeta musicista sconosciuto e dall’altra parte chansonnier amatissimo in Francia, pacato e intimista in un momento dove si rumoreggia più o meno su tutto, teso alla resa testuale laddove tutti i suoi colleghi privilegiano e affidano più o meno tutto al fraseggio musicale. I detrattori riconoscono in lui troppe valenze di Conte e Fossati, talora di De Gregori, e questo è l’esatto motivo per cui piace così tanto agli estimatori: essere una sorta di sintesi mediata, elementi dei riferimenti presumibilmente amati tradotti in uno stile assolutamente personale, e una vocazione naturale alla poesia, sia esso testo o modus vivendi. Qualcuno a volte gli domanda in modo pungente “quali egli stesso riconosca siano le influenze dei cantautori nella sua produzione”… e Gianmaria regolarmente glissa la domanda, non cerca agganci, spesso si limita a dichiarare il proprio amore per De Andrè. Null’altro.
Giustamente alcuni critici hanno riscontrato in quest’album una sorta di “intimismo lirico” che rimanda direttamente al bellissimo lavoro con Giovannone Il Valzer di un Giorno: senonché accompagnano Testa in queste tracce qualcuno che si chiama Gabriele Mirabassi, e gioca con il clarinetto come in un dialogo ideale, oppure Enzo Pietropaoli e Greg Cohen che con le note basse sottolineano la drammaticità dei temi trattati, o Bill Frisell e Claudio Dadone alla chitarra, Piero Ponzo al sax e Paolo Fresu alla tromba che regalano al contrario una gamma di sonorità alte, che a seconda del contesto fanno da contrappunto o da elemento aggiuntivo. E poi la fisarmonica di Luciano Biondini e i violoncelli di Salvatori e Severi nel brano Ritals (che poi era il modo spregiativo con cui i francesi chiamavano gli italiani immigrati). Magnifico l’assolo di Frisell in Rrock, che tra l’altro costituisce per Testa una sorta di “svolta elettrica”. Tela di ragno è magnifica e piena di tensione: al primo ascolto risulta persino vagamente cacofonica, ma è esattamente quello a cui l’artista voleva arrivare. L’incipit infine, Seminatori di Grano, nasce dall’iconografia naturale del quadro di Pellizza da Volpedo Il Quarto Stato, che vede una moltitudine sommessa, si presume con lentezza e malinconia profonda, avanzare tristemente verso il proprio futuro. Metafora importantissima e basilare all’interno di questo lavoro, davvero bello e molto curato.