Foto: Fabio Ciminiera
Mickey Finn meets Cuong Vu
Foggia, Cafeteria del Centro – 22.1.2007
Giorgio Pacorig: Fender Rhodes
Enrico Terragnoli: chitarra elettrica
Danilo Gallo: basso acustico, basso elettrico a 12 corde
Zeno De Rossi: batteria, percussioni
Cuong Vu: tromba
Mickey Finn incontra Cuong Vu… é nella definizione la sintesi più appropriata della situazione sonora creata dai cinque musicisti e, tutto sommato, difficile da raccontare. Mickey Finn è un progetto che nasce e prospera all’interno del Collettivo El Gallo Rojo; il meccanismo del gruppo si basa su una forte concezione ritmica che sostiene le diverse direzioni delle improvvisazioni. Si può riassumere la costruzione del suono della formazione in questo modo: i solisti sono spesso presenti insieme nella guida della musica e creano il tessuto sonoro con l’intreccio dei differenti percorsi mentre la ritmica – solida, imperturbabile, diretta – lavora per dare vita ad un sostegno continuo, quasi ai limiti del loop e della serialità in alcuni casi.
Le due fasi non sono affatto scollegate, anzi… il gruppo realizza un territorio misto dove i due aspetti si avvicinano, gli strumenti si affacciano, talvolta, nell’altro versante per dare corpo agli assolo del basso e della batteria oppure per risolvere le funzioni armoniche del Fender e della chitarra.
Questa la partenza. Il risultato si dispiega in direzioni diverse: una melodicità lirica, ampi spazi di libertà, un groove serrato e progressivo. Direzioni diverse legate da un atteggiamento preciso. Come si diceva in precedenza, una ritmica forte e spigliata stabilisce i punti di riferimento per la presenza plurale e contemporanea dei tre solisti, improvvisazioni libere che giocano su incastri e sottrazioni e si giovano, in modo reciproco, dell’apporto delle altre linee.
L’incontro con Cuong Vu rende le direzioni musicali di Mickey Finn ancor più essenziali e precise: il risultato é in una musica che si compone di differenze più nette tra i diversi momenti e di passaggi più fluidi e naturali. Il punto é nell’inserire, infatti, un musicista in una formazione di per sé autonoma, come ricorda Danilo Gallo, nell’intervista realizzata in occasione del concerto foggiano.
La forma espressa da Mickey Finn é una forma liberamente rigorosa (o, se si vuole, rigorosamente libera): una situazione che prevede un forte ancoraggio alla ritmica e una stratificata gestione della melodia. Le voci della chitarra, del Fender e, in questo caso, della tromba si sommano, si contrastano e si supportano per creare l’impasto melodico del brano.
Cuong Vu interagisce in modo naturale con questa visione: rilancia, riporta e ribadisce le espressioni sonore della ritmica e delle altre due voci; inserisce il proprio mondo sonoro nell’anima musicale di Mickey Finn.
La libertà espressa dal gruppo passa attraverso la creazione di una comune idea sonora, piuttosto che attraverso l’idea di sovrapporre linee e suoni senza controllo. É il suono la chiave del ragionamento di Mickey Finn: suono creato da strumenti, da effetti, dal particolare approccio alla musica e allo strumento, dalle aperture ad altri mondi sonori.
Il suono della formazione rappresenta perciò uno degli aspetti più interessanti del progetto. Sul palco sono presenti pedali ed effetti in quantità, cavi e cavetti di collegamento, una profusione di attrezzi che modificano, filtrano i suoni, intervengono sull’interpretazione dei diversi strumenti: tutto questo si traduce in un impatto paradossalmente acustico, naturale. L’utilizzo delle modifiche é sottile, calibrato: presente, e tanto, ma discreto. Si stabilisce una possibilità sonora diversa, sempre attiva utilizzata dai cinque, ma il suono originale, “acustico”, di ogni strumento é sempre protagonista.
Il suono é il punto focale di tutta la costruzione del concerto, la base di partenza dalla quale far scaturire le possibilità di intreccio e di incastro. L’intervento sui suoni permette e giustifica i passaggi, le invenzioni e la presenza concomitante dei tre solisti. Un momento su tutti: lo scratch effettuato da Cuong Vu con la tromba che assolve, allo stesso tempo, funzioni ritmiche e melodiche e libera spazio sonoro, diventa punto d’appoggio per gli interventi degli altri musicisti.