Foto: Fabio Ciminiera
Storie di jazz e di canzone…
uscitanord – 22.2.2006
Paolo Pallante Quintet – 26.2.2006
Sarà stata una semplice coincidenza, sarà dipeso dall’avvicinarsi del festival di Sanremo, sarà quel che sarà, ma, nello spazio di pochi giorni, ho assistito a due concerti che hanno messo a confronto la canzone d’autore e le sonorità del jazz. Ne nasce un incontro a distanza tra musicisti, un confronto di soluzioni e interpretazioni, a partire dai due concerti e dalle due formazioni, una escursione curiosa alla ricerca di punti di contatto e radici, di percorsi jazzistici nella canzone d’autore.
Un terreno ultimamente frequentato spesso, a volte con successo, molte volte con gusto e ironia. Nella storia della canzone d’autore italiana, si possono trovare precursori in Gorni Kramer, Renato Carosone e Fred Buscaglione; il percorso prosegue con le esperienze di Luigi Tenco e Umberto Bindi (riprese, di recente, nei progetti di Ada Montellanico ed Enrico Pieranunzi, il primo, e Cristiana Polegri, il secondo), per giungere, negli anni ottanta, alle diverse strade seguite da Paolo Conte e Sergio Caputo. Ma negli ultimi anni, con l’esplosione del fenomeno Cammariere e con il successo francese, prima, e italiano, poi, di Gianmaria Testa, lo sguardo di cantautori e pubblico si è sempre più rivolto all’incontro tra canzone d’autore e jazz, sia nel richiamo di sonorità e ritmi, sia con la presenza, nei lavori dei cantautori, di jazzisti spesso protagonisti e non solamente confinati al ruolo di sessionman.
“La dimensione acustica e un forte riferimento armonico al jazz, insieme all’inserimento di ritmiche latine, insieme alla sensualità di alcune linee, può essere una delle maniere possibili per andare incontro ad una scrittura dei testi che usa ingredienti diversi e che li mescola tra di loro in modo personale… forse, è addirittura l’unico sistema per non ingabbiare troppo il testo con le strutture quadrate, tipiche della musica leggera: una maniera che riesca a dare una vita propria al testo e a seguire, con le armonie, lo sviluppo delle parole.” Partiamo dalle parole di Marcello Malatesta, autore delle musiche di uscitanord per trovare una linea chiara che mette in luce l’unità di intenti tra le ispirazioni dei testi e le soluzione scelte per la composizione. Nei testi di entrambe le formazioni, trovano spazio ironia e malinconie, racconto e poesia, una visione articolata e particolare di sentimenti che si mescolano tra loro, spesso in modo dissacrante e immediato. “La mia passione per il jazz e, ancor prima, per il blues, fa sì che questo spettacolo sia un insieme di jazz, musica d’autore, blues e teatro, che è un’altra delle mie passioni. Il disco è il risultato di questa storia: ovviamente compresso, perché nel disco non ci sono i monologhi, ma si intuisce che c’è anche qualcos’altro.” Il percorso seguito da Paolo Pallante si colora di una naturale predisposizione al racconto, al monologo: Da piccolo giocavo a bocce, questo il titolo dello spettacolo e, presto, del disco di Paolo Pallante, “é nato come un vero e propio spettacolo di teatro ed ha girato per i teatri: è uno spettacolo che mescola musica e parole con l’idea è quella di raccontare, oltre che con le parole, anche con la musica.”
E il racconto si sviluppa tra canzoni e monologhi, tra battute e ricordi. La voce di Paolo Pallante raccoglie le inflessioni di cantanti e attori, per svilupparle in una combinazione totalmente personale: “Io parto dal racconto e, quindi, il mio modo di cantare è molto legato al testo: uso la voce come veicolo per raccontare le mie emozioni”.
L’espressione e la mimica al servizio dell’interpretazione. “Abbiamo fatto entrare un po’di teatralità nella musica, abbiamo lavorato con un approccio più personale ai brani” afferma Marco Belisario, cantante e autore, insieme a Giancarlo Sputore, dei testi di uscitanord. “I brani presenti ne La nostra cecità sono una serie di racconti, legati dai riferimenti alla cecità che l’uomo di oggi ha nel comprendere il vissuto quotidiano: è l’atmosfera generale, sia nella musica che nei testi, a rendere omogeneo il lavoro.”
Un’altra peculiarità comune ai due progetti è l’utilizzo dell’ironia, declinata in diverse accezioni. L’approccio di Marco Belisario dipinge in modo essenziale le atmosfere dei brani di uscitanord. “È una mia caratteristica, un mio modo di vedere la realtà: ci sono argomenti che possono risultare troppo seri e, in quel caso, uso l’ironia per sdrammatizzare e, al contrario, vedere l’aspetto serio in argomenti più leggeri. Volendo è un atteggiamento un po’ da bastian contrario: vedere le cose nella mia ottica, senza, ovviamente, perdere il significato vero del testo, dell’argomento.”
Paolo Pallante riveste le canzoni di un’ironia lievemente surreale e ottiene un risultato molteplice: riesce a far passare attraverso i brani la sua naturale simpatia, riesce a demistificare la realtà e a dare, al tempo stesso, una concretezza stringente ai testi. “Il problema è che, spesso, si prendono le cose un po’ troppo sul serio: io scrivo canzoni, racconto emozioni. Bisogna affrontare le canzoni, ma anche le cose più importanti, con un po’ più di leggerezza… se tutti affrontassimo la vita con un po’ più di tranquillità, si riuscirebbe ad arrivare da qualche parte.”
Leggerezza, ironia, simpatia… tutto questo non vuol dire che non ci sia spazio per testi legati ad emozioni forti, anzi, mutuando le parole di Pallante, si riflette meglio sorridendo e dando il giusto peso alle cose. Il trasporto emotivo è forte e partecipato in entrambi i contesti. Paolo Pallante racconta durante il concerto: “Io abitavo al terzo piano, che è anche il titolo di una canzone: da lì io ho visto, sentito, ascoltato tutte le storie, tutte le persone che passavano, tutti gli amici che poi si sono ritrovati dentro le canzoni e che non mi salutano più. Il percorso è stato solamente quello di raccontare, di far uscire quelle emozioni come in quel periodo, che per me è stato un periodo magico, nel quale ho scritto lo spettacolo e che è stato, appunto, un periodo di forti emozioni e sono riuscito semplicemente a tirarle fuori e non sono rimaste lì dentro, compresse, come accade di solito ma hanno trovato una via di fuga.”
“Bisognerebbe leggere il testo ascoltando la canzone, con il completamento della musica, e il significato profondo arriva contemporaneamente da musica e parole” sembra rispondere, direttamente al cantautore romano, Marco Belisario. E la chiusura de La nostra cecità viene affidata a La durata, brano delicato, ma ugualmente dotato di una forte carica emozionale. “Così come in Vizi Vezzi e Virtù, il nostro precedente lavoro, l’ultimo brano de La nostra cecità è un brano più intimo, eseguito solamente da pianoforte e voce, una nostra scelta per chiudere il disco in una maniera più riflessiva.”
Infine, comune ad entrambe le formazioni è l’impegno a favore di battaglie civili: uscitanord sostiene le iniziative dell’AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie – www.ail.it), Paolo Pallante il lavoro della LAV (Lega Anti Vivisezione – www.infolav.org).