Finnish Jazz. Recensione. My Thing

Tuomo - My Thing

Jupiter/Texicalli Records – JUP 019 CD – 2007




Tuomo Prättälä: voce, pianoforte, Fender Rhodes, tastiere

Aki Haarala: chitarra

Heiki Laine: basso elettrico

Mikko Kaakkuriniemi: batteria

Abdis Assefa: percussioni

Verneri Pohjola: tromba

Illmari Pohjola: trombone

Timo Lassy: sax tenore, sax baritono

Antti Hynninen: sax tenore

Emma Salokoski: voce

Johanna Försti: voce

Marika Tuhkala: voce


Intervista a Tuomo Prättälä





Tuomo Prättälä è uno dei più versatili pianisti della nuova generazione di musicisti finlandesi. Nelle pagine di Finnish Jazz lo abbiamo già incontrato tre volte e in tre contesti differenti tra loro: MP4, con il quartetto di Mikko Pettinen; Take it with me, dell’Ilmiliekki Quartet; Kaksi Mannerta dell’Emma Salokoski Ensemble. My Thing ci offre una nuova prospettiva del musicista: My Thing è, infatti, un disco di black music, nel quale, oltre che suonare le tastiere, Tuomo – si propone al pubblico con il solo nome di battesimo nel suo disco solista – canta in tutti i brani e in My Wish, brano di apertura del disco, suona la chitarra.


My Thing rappresenta una escursione ampia nelle varie stagioni e direzioni di black music: soul, gospel, r’n’b e funky. Il disco è caratterizzato dalla unione della voce di Tuomo, naturalmente ricca di pathos e di sfumature espressive, ma anche versatile e capace di gestire i momenti più nervosi e aggressivi con una forte dose di groove e ritmo con la voce.


Per realizzare My Thing, Tuomo Prättälä si è circondato di molti dei musicisti con cui collabora da tempo nelle sue varie esperienze. Ci sono i musicisti del Q-Continuum Collective, c’è Emma Salokoski, ci sono Verneri e Illmari Pohjola, c’è Timo Lassy: un lavoro, in pratica, che affonda le sue radici, in modo naturale, nel mondo sonoro del musicista e riesce a portare nella massima evidenza l’approccio personale e sentito ai brani.


Ed è proprio nella presenza, personale e piena di feeling, che risiede uno degli aspetti fondanti del lavoro. Il disco tocca, con atteggiamento personale e filologico, rispettoso dei canoni e della propria voglia di esprimersi, le diverse anime di un mondo sfaccettato e multiforme. Si parte dalla “preghiera” iniziale di My wish per tuffarsi nel ritmo e nel groove di My Thing e di Sorry when I’m gone. Si passa dalle forme morbide di True Friend, 26 e It’s you, ai suoni acustici e naturali, quasi sabbiosi, di Since or before; si va dalle combinazioni vocali di Puddle of Love e So surreal alla festosa conclusione di I won’t worry. Un percorso che attraversa influenze e riferimenti: nell’intervista Tuomo Prättälä elenca alcuni nomi – Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Stevie Wonder, Prince – ai quali si possono aggiungere i Take 6, alcune spunti dai primi Jackson Five e, infine, alcune sterzate soul di Paul Weller, soprattutto nella voce e nei brani più ritmati.


Il carattere del disco, vario ma sempre ben calibrato, diventa il tratto distintivo di un percorso attento, equilibrato tra riferimenti e canoni, da una parte, e una forte presenza personale dall’altra. Attraverso la varietà e le differenti inflessioni, Tuomo Prättälä riesce a modellare con personalità la propria interpretazione e sottolinea, senza esagerare, le intenzioni dei vari passaggi.


L’utilizzo della voce e la gestione del ritmo sono, come si diceva, due aspetti importanti nel lavoro di Prättälä. La costruzione di armonie vocali e l’utilizzo di sovrapposizioni e cori sono una cifra costante in tutto il disco: la voce trasmette in modo immediato l’importanza data da Prättälä al cantato, al ruolo preminente delle melodie e alla dimensione avvolgente dei brani. In modo speculare, anche la gestione accorta della ritmica, si stratifica in un intervento corale: percussioni, chitarra, i suoni di pianoforte e tastiere interagiscono per dare una spinta forte, trascinante e giustamente priva di freni, nei brani sostenuti e per creare le atmosfere rotonde e accomodanti nelle ballad.