Finnish Jazz. Intervista. Teemu Mattsson

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Intervista a Teemu Mattsson


Recensione a Teemu Mattsson

Jazz Convention: Partiamo dal tuo recente lavoro, Teemu Mattsson, e parliamo della storia della formazione. Come hai scelto i musicisti per il tuo quintetto?


Teemu Mattsson: Ho seguito due linee nella scelta dei musicisti. In primo luogo, volevo avere nel mio gruppo musicisti che sapessero maneggiare la tradizione del jazz ma che avessero anche un atteggiamento aperto verso tutte le direzioni che volevo percorrere. La mia musica non si può definire jazz tradizionale anche se, al suo interno, vi sono elementi che provengono dal passato. In particolar modo il pianista Mikael Jakobson ha una grande conoscenza della tradizione del pianoforte nel jazz. Inoltre, e questo è stato il secondo criterio, c’è un bel rapporto di amicizia tra tutti noi e ci divertiamo molto a suonare insieme.



JC: Ci sono molte atmosfere diverse nei brani del CD: è un risultato che ti eri prefissato oppure è una cosa nata in modo spontaneo?


TM: Devo ammettere che, forse, non ne sono stato così consapevole, anche perchè si tratta del mio primo cd e alcuni brani sono stati scritti anche sei anni fa. Anche nel mio prossimo lavoro saranno presenti atmosfere diverse. Credo che sia un aspetto interessante per un ascoltatore e credo, inoltre, sia un vantaggio poter avere alcuni colori particolari da aggiungere al concetto classico del quintetto: alla fine, in pratica, è il suono personale, lo stile di ciascuno dei ragazzi a dare al lavoro una ben precisa atmosfera generale.



JC: In diversi passaggi sembra di ascoltare echi di musica classica, sia nella composizione che nelle improvvisazioni, soprattutto in Standing alone…


TM: È vero, ho una vera e propria fissazione per le armonie e le cadenze corali e, per esempio, sono un grande ammiratore di Johann Sebastian Bach e di tutti i compositori della sua epoca.



JC: Il quintetto e gli ospiti. Come hai lavorato per inserire gli altri musicisti nel suono del quintetto e come hai modificato la tua musica per dare loro spazio?


TM: I musicisti che ho chiamato, hanno condiviso con me molte esperienze prima che formassi il quintetto: ci conosciamo reciprocamente e ho un’idea generale e precisa del loro stile. In pratica, non ho dovuto spiegare loro la mia musica più di tanto quando abbiamo provato i brani e, soprattutto, ho potuto dare spazio ad ogni musicista e vedere cosa accadeva, credo sia la cosa migliore per “sfruttare” la personalità di ciascun musicista. Ad esempio, ho voluto fortemente Teemu Viinikainen come ospite nel disco: è un chitarrista di altissimo livello e la vena metheniana di Pulse si è cucita naturalmente intorno a lui.



JC: Parliamo delle tue influenze e dei tuoi punti di riferimento per quanto riguarda la composizione e il suono. Nel tuo sito hai scritto che ti interessa creare melodie e atmosfere forti con elementi semplici.


TM: Si, il mio intento è di mantenere semplici le strutture dei miei brani: credo che sia più facile dar vita ad emozioni oneste e a un’interazione tra i suoni quando i musicisti non sono costretti a concentrarsi su cose complicate dal punto di vista tecnico ed armonico. Inoltre nelle composizioni ci devono essere gli spunti per far scaturire le emozioni e le sorprese.



JC: Le relazioni con le tradizioni del jazz. Penso che sia più immediato per i musicisti della tua generazione essere aperti e ascoltare tipi di musica differente senza problemi o pregiudizi.


TM: Credo che sia vero. Continuo a pensare che conoscere la tradizione, e conoscerla bene, sia molto importante ma un musicista non deve essere schiavo della tradizione. Inoltre ci sono artisti, come Pat Metheny, Michael Brecker o Dave Douglas, che hanno mescolato tradizione e nuove soluzioni in un modo decisamente interessante e che per un musicista della mia età diventano, naturalmente, un riferimento in più, una tradizione a tutti gli effetti.



JC: Stai lavorando a un nuovo CD che verrà pubblicato la prossima primavera. Ci sarà una linea comune tra i due lavori e quali saranno gli elementi di novità?


TM: Ci sono molte cose in comune. Ho già composto in pratica, tutto il materiale che sarà presente nel disco e, mettendo a confronto i due lavori, i brani del nuovo disco avranno strutture più articolate e con un attenzione maggiore agli arrangiamenti. Il nocciolo della formazione sarà composto dallo stesso combo del mio primo cd e, fianco del quintetto, ci saranno alcuni colori provenienti da strumenti particolari quali l’oboe e il corno inglese.



JC: Come molti musicisti finlandesi, tu hai suonato nella UMO Jazz Orchestra. Cosa ha significato per te quest’esperienza e cosa significa per la scena jazz finlandese avere una formazione del genere.


TM: Ovviamente è molto importante. Credo che sia una delle ragioni più importanti per giustificare l’alta qualità dei musicisti finlandesi e l’altra è il grande livello dal nostro sistema didattico e, in particolare, dal dipartimento jazz della Sibelius Academy e dall’Helsinki Pop-jazz conservatory.



JC: Tu hai recentemente ottenuto il ruolo di lead trumpet nell’UMO Jazz Orchestra… immagino che sia allo stesso tempo un grande risultato e una notevole responsabilità…


TM: A volte è davvero difficile, ma mi piace il ruolo di solista. È davvero molto differente rispetto al lavoro con il mio quintetto. Ormai sono due anni che sono prima tromba dell’UMO Jazz Orchestra e ho imparato tantissime nuove cose sul suono e sul modo di suonare la tromba e c’è da dire che la sezione delle trombe dell’UMO Jazz Orchestra è davvero fantastica.



JC: Puoi parlarci delle altre formazioni in cui suoni?


TM: La maggior parte del mio tempo viene presa dall’UMO Jazz Orchestra e dal mio impegno nel Teatro della Città di Helsinki. Lavoro come free-lance con molti giovani e davvero interessanti musicisti della scena finlandese.



JC: Qual è il tuo punto di vista sulla scena jazz finlandese?


TM: È davvero notevole che nel nostro piccolo paese, con soli cinque milioni di abitanti, ci siano così tanti buoni musicisti. Alcuni lavorano molto bene sulla tradizione americana e altri si rivolgono maggiormente alle ispirazioni scandinave, in ogni accezione si possa volere intendere questa cosa. È inoltre molto positivo che alcuni gruppi finlandesi abbiano ormai un seguito anche nei paesi stranieri e, in particolare, certe formazioni – come The Five Corners Quintet, un gruppo di musicisti favolosi – si stanno davvero comportando molto bene anche al di fuori dei nostri confini.