Stefano Bollani: Sei Volte Bollani

Foto: Michelangelo FElicetti





Stefano Bollani: Sei Volte Bollani

Milano, Teatro Smeraldo – 23.9.2007

Stefano Bollani: pianoforte e voce

Enrico Rava: tromba

Stian Carstensen: fisarmonica

“I Visionari”

Mirko Guerrini: sassofoni

Nico Gori: clarinetto

Ferruccio Spinetti: contrabbasso

Cristiano Calcagnile: batteria

Petra Magoni: voce


Quattro intensissime ore di musica hanno visto protagonista uno dei più interessanti pianisti jazz della scena italiana, Stefano Bollani. Sei volte Bollani: questo l’appropriatissimo titolo della serata, organizzata nel bel mezzo del “MiTo settembre musica”. In un ambito così variegato, si capisce, tutto l’eclettismo del pianista è venuto fuori; ma procediamo con calma.


In apertura l’immancabile piano solo, come sempre intersecando il sottile lirismo percussivo del suo pianismo in brani come Antonia, dalla penna di Antonio Zambrini, che apre il recente e quotatissimo disco ECM, alla sua sottile arte di crooner e intrattenitore, arrivando fino a fare l’imitazione di Paolo Conte, in Copacabana.


Dopo mezz’ora viene raggiunto dalla tromba di Enrico Rava: l’italianissimo jazzista è in ottima forma, scherza e si presta con eleganza alle gag del pianista; ma, soprattutto, fa uscire dalla tromba note vibranti, costruite con un sapiente gioco di dinamiche e di silenzi, qualità che l’hanno portato ad essere il jazzista italiano più conosciuto all’estero. Decisamente sul palco dello Smeraldo non si è smentito, e il disco in duo The Third Man, dopo l’osannato Tati, è stato la fonte dei brani suonati, con un interplay elegantissimo e stuzzicante.


Poi, una vera sorpresa: il duo con il fisarmonicista norvegese Stian Carstensen, comparso una sola volta in Italia, a Terni – stando a ciò che dice Bollani – e per la prima volta nel capoluogo lombardo. Inutile rimarcare come anche questa volta il pianista milanese (ma toscano d’adozione) non fa mancare al pubblico alcune gag, supportato da Carstensen – in norvegese, naturalmente. Comunque lo straordinario polistrumentista scandinavo (suona fisarmonica, banjo, violino, chitarra e chi più ne ha più ne metta) ha dato prova un approccio straordinariamente personale alla fisarmonica e un eclettismo senza limiti nella sua musica, probabilmente acquisito anche grazie alla lunga militanza al fianco di jazzisti di “confine” come Django Bates e Iain Ballamy.


Dopo cena, il sipario dello Smeraldo si apre con una vera sorpresa: un duetto tra il contrabbasso di Ferruccio Spinetti e la voce di Petra Magoni, una sorta di breve presentazione dell’album MusicaNuda. La musica è assolutamente deliziosa, ridotta all’osso eppure molto emotiva; l’intesa tra i due strumentisti è straordinaria e l’originalità della formazione e della timbrica è messa completamente al servizio delle note. Un duo davvero da tenere d’occhio, sia per la grandissima professionalità e intelligenza musicale – del resto, qualità ben note – di Ferruccio Spinetti sia per la vasta tavolozza timbrica di Petra, esaltata dall’incontro con il registro grave del contrabbasso.


In chiusura delle quattro ore di musica, I Visionari, quintetto di Bollani che, come al solito, prende i brani, li decostruisce, li ricostruisce a modo suo, con strutture cervellotiche ma mai stantie. Brillante la voce dei sassofoni di Guerrini intrecciata al clarinetto spesso “anni ’20” di Nico Gori, sempre interessanti le trovate timbriche di Calcagnile. Un quintetto di prim’ordine che non si è smentito nemmeno questa volta.


Come bis non poteva naturalmente mancare un momento con tutti i musicisti che hanno partecipato all’evento sul palco: una formidabile rilettura di Mamma mia dammi cento lire ispirata al ritmo del Bolero di Ravel, in un crescendo continuo. Degna conclusione e – in qualche modo – “riassunto” di tutto il concerto, tenuto sempre in crescendo, affiancando la serietà della musica e la straordinaria intesa di tutti i musicisti a momenti di intrattenimento puro e semplice. Bollani non si smentisce mai.