Blue Note – 509995029112 0 – 2007
Stefano Di Battista: sax contralto, sax soprano
Baptiste Trotignon: organo Hammond
Fabrizio Bosso: tromba
Russell Malone: chitarra
Nicola Stilo: flauto
Eric Legnini: pianoforte
Eric Harland: batteria
Trouble Shootin’ è – se davvero ce ne fosse bisogno – l’ennesima riconferma dello straordinario talento di Stefano di Battista, ma più in generale dell’ottimo stato di salute del jazz italiano in questo periodo. Ormai alla sua quinta collaborazione con la prestigiosa etichetta Blue Note, Stefano si è permesso di essere circondato da musicisti di altissima caratura (Bosso, Harland e Trotignon, giusto per citare i più famosi), e si sente: nel disco non c’è una sbavatura, e l’intesa tra i musicisti è perfetta, con picchi di alta espressività.
Undici i brani, otto a firma Di Battista, tutti l’uno diverso dall’altro, per un viaggio eccezionale: di grande intelligenza la rilettura dello standard di Kenny Burrell Midnight Blue, energico ma ben controllato, con precise sottolineature di Harland sulle melodie del contralto, così come le evoluzioni incrociate di flauto e soprano in The Serpent’s Charm. In questo brano Nicola Stilo si conferma un flautista dalle eccezionali capacità improvvisative, purtroppo poco presente sulla scena live italiana; impressionante, in chiusura al brano, l’assolo incrociato di Di Battista e Harland, di grande impatto sonoro. Si passa poi alle delicate atmosfere da ballad con Under Her Spell, sempre dalla penna del sassofonista nostrano, in cui si evidenzia tutta la sapienza armonica di Trotignon, magistrale nel sostenere gli scambi di assolo tra la tromba sordinata di Bosso e il contralto. In questa ballad emerge tutta la vena lirica di Di Battista, che trova ulteriore conferma negli andamenti latini di Echoes of Brazil, tutta da gustare anche grazie ai particolarissimi timbri dati dall’intreccio tra sassofono, flauto e Hammond. Essaouira ci porta invece dal Brasile all’oriente, in un’affascinante miscela di hard bop e sonorità etniche.
Assolutamente magistrale è, in conclusione, il brano che da il titolo al disco, con un tema di grande incisività e groove, portati da un gruppo in perfetta sintonia, anche nel mettere i puntini allo sfavillante assolo di Harland. Per rimanere in argomento di brani incisivi, è da citare il bel Alexanderplatz Blues, dedicato a uno dei posti in cui Stefano ha maggiormente suonato da diversi anni a questa parte, nel cuore della “sua” Roma, ambiente che ha sicuramente contribuito a definire il sound di questo gigante del jazz italiano.