Tommaso Genovesi Quartet – Never Knows

Tommaso Genovesi Quartet - Never Knows

Caligola Records – 2088 – 2007




Nevio Zaninotto: sax

Tommaso Genovesi: pianoforte, fender rhodes

Danilo Gallo: contrabbasso

U.T. Gandhi: batteria

Federico Casagrande: chitarra

Elena Camerin: voce






Quando la fede incrollabile nella musica, in quello che stai facendo, ti spinge avanti nonostante tutte le difficoltà, contro il parere di tutti, puoi pure permetterti di prendertela con calma, di prenderti tutto il tempo che ti serve e fare un disco solo quando ne senti il bisogno e quando hai veramente qualcosa da dire, non semplicemente perché te lo chiede la tua casa discografica o perché “tutti lo fanno”.

Genovesi è fatto così: posato, riflessivo, non ama correre o farsi mettere fretta. Prima di registrare il suo primo disco nel 2003 (Night Funk, uscito l’anno successivo per Caligola Records) il pianista siciliano (trapiantato nel Veneto nei primi anni ‘80) ha atteso parecchi anni durante i quali ha elaborato le proprie scelte stilistiche ed estetiche e ha fatto le proprie esperienze sul campo, collaborando con i migliori musicisti attivi nell’area del Nord-Est (tra i quali Marc Abrams, Francesco Bearzatti, Maurizio Caldura, Lanfranco Malaguti, Mauro Negri, Piero Odorici, Saverio Tasca), finché non si è sentito pronto per davvero.


Dopo quattro anni i tempi sono nuovamente maturi. Il quartetto è lo stesso, rodatissimo, fatto di vecchi amici (Gallo, Gandhi e Zaninotto: un “dream team” che molti vorrebbero avere alle spalle) con cui l’intesa – manco a dirlo – è telepatica ed il piacere di suonare insieme traspare chiaramente. Ma è lui che è diverso: più maturo, consapevole dei propri mezzi stilistici, soprattutto come compositore, paziente e attento in ogni dettaglio.


Never Knows non segna un drastico punto di rottura con il passato ma una tappa significativa di un percorso evolutivo che certamente non s’interrompe certo qui. Otto brani su nove sono composizioni originali di Genovesi, segno di una buona vena creativa che riflette il suo modo di sentire la musica in questo periodo, come musicista e come ascoltatore, senza far pesare particolari influenze: nell’ottica di un jazz moderno e onnicomprensivo gli estremi (il jazz-rock di Battiti e il ragtime di Spring Rag, il delicato melodismo di Nena e la rilassata scioltezza di Passi Felpati) si compongono e sono soltanto alcune delle opzioni a sua disposizione nell’arco di una personalissima ricerca espressiva. La scelta di affiancare la strumentazione elettrificata a quella acustica è l’elemento di novità più appariscente in questo disco: il fender rhodes e la chitarra (un Federico Casagrande in costante crescita) aggiungono colori nuovi e accattivanti sui quali varrebbe la pena di continuare a lavorare anche in prospettiva futura, così come sulle interessanti sperimentazioni vocali della brava Elena Camerin.


Di sperimentazione psichedelica è infarcita Tomorrow Never Knows che come l’originale beatlesiano, contenuto nel mitico album Revolver (1966), chiude l’album: l’unica cover del disco incarna tutto lo spirito “lisergico” del quartetto di Liverpool (citando anche il riff di un altro classico dei Beatles, Day Tripper) e lo rielabora in modo intelligente, sviluppando la cellula melodica principale grazie alla voce della Camerin, opportunamente trattata per evocare un’atmosfera onirica, e ai sottili effetti allucinatori di Casagrande, con risultati stupefacenti.