Fausto Ferraiuolo: pianoforte
Piero Leveratto: contrabbasso
Alfred Kramer: batteria
Quarta prova discografica alla testa di un trio per Fausto Ferraiuolo, pianista di origini napoletane: non cambia la formula, ma cambiano i musicisti. Rispetto al precedente Blue and Green, pubblicato sempre da Abeat nel 2003, dove il leader era accompagnato da Aldo Vigorito al contrabbasso e Ivo Parlati alla batteria, subentrano nel presente Changing walking Piero Leveratto e Alfred Kramer. La concezione musicale però rimane la stessa: lì come qui il gioco sottile tra tonalità e modalità permette ai musicisti di aggirarsi in situazioni armonicamente tese e molto efficaci.
L’intero album è costruito sul tema del camminare o, più in generale, del viaggio, riprendendo così il titolo della title-track: da Step by step a Wanderung (che in tedesco significa “passeggiata”), a 1000 miles voyage, passando per un grande classico del jazz come Footprints, l’idea della potenzialità insita nell’apparente banalità del fare un passo (potenzialità che passa in atto quando si scoprono luoghi nuovi) è la linea guida del lavoro di Ferraiuolo e soci.
Il trio appare particolarmente convincente soprattutto sui tempi medio-lenti (la già citata 1000 miles voyage ne è un eccellente esempio), proprio in virtù di questa sua capacità di insinuarsi tra un incedere armonico e l’altro. Sembra un po’ fuori luogo in questo contesto la scelta di Leveratto, dotato di un suono molto potente e ruvido; ma forse proprio questo consente ai brani la propulsività che è loro propria, senza rischiare mai di arenarsi. Assolutamente fondamentale per la riuscita del lavoro è l’apporto eccellente di Kramer, spesso alle spazzole, che dialoga con gli altri musicisti con una finezza rara, pur rimanendo all’interno di modelli classici da cui non si esce facilmente. E questa è del resto una caratteristica generale dell’intero album: pur non uscendo mai dal seminato (facendo forse eccezione per Improtune, una libera improvvisazione) i musicisti rendono i pezzi – spesso scritti con grande sapienza compositiva da Ferraiuolo, strizzando un occhio a campioni del pianoforte nostrano come Franco D’Andrea, che per altro è stato suo maestro – senza strafare ma con raffinatezza ed eleganza, confezionando in definitiva un prodotto godibilissimo.