Sandro Fazio – The Birth

Sandro Fazio - The Birth

Dodicilune – Ed246 – 2008




Sandro Fazio: chitarra elettrica

Francesco Bearzatti: sassofono tenore

Tineke Postma: sassofono soprano e contralto

Philipp Staudt: flicorno

Dominique Brackeva: trombone

Charly Zastrau: pianoforte

Konstantin Uhrmeister: basso

Andreas Pichier: batteria







Eccellente disco d’esordio per Sandro Fazio, poliedrico chitarrista nostrano, che per l’occasione è entrato in studio di registrazione con un manipolo ben assortito di musicisti d’oltralpe, per confezionare The Birth, disco che speriamo segni la nascita di un longevo gruppo.


Le danze si aprono con Ostinato, che subito dichiara apertamente all’ascoltatore le coordinate storiche e stilistiche entro cui si muovono i musicisti: da un lato la migliore tradizione funky e jazz fusion, riletta con grande intelligenza e senza lasciarsi invischiare in cliché; dall’altro una costante voglia di inserire richiami alla tradizione musicale italiana, elemento soprattutto visibile nella scrittura di alcuni temi (uno su tutti forse Come to me). I temi, a proposito, sono tutti originali, e molti portano la firma del leader, che mette in mostra una vena lirica e una capacità di scrittura e arrangiamento davvero notevoli. La chitarra di Fazio ha un suono caldo eppure sottile, e non manca di inventiva nei soli, che non perdono mai di mordente, esplorando tutte le possibilità ritmiche che i colleghi musicisti gli offrono. Tra i compagni di viaggio, non ha certo bisogno di ulteriori elogi Francesco Bearzatti, che in questo disco si conferma in grado di trovarsi a suo agio nei contesti più diversi; meritano qualche parola invece l’ottima batteria di Pichier e il pianoforte di Zastrau, tra gli altri: due musicisti ancora decisamente poco noti nello stivale.


Il gruppo non perde colpi neppure sulle ballad (Vallee et Riz ne è un esempio), riuscendo a coniugare molto bene uno spiccato senso melodico a una progressione quasi drammatica del discorso musicale (cosa particolarmente riuscita soprattutto grazie all’accoppiata Pichier-Uhrmeister).


Un disco costruito in modo accattivante ma molto intelligente, che riesce ad avvolgere l’ascoltatore con l’eleganza melodica e il groove senza ripetersi mai (basti ascoltare H.C., uscita dalla penna di Bearzatti ma perfettamente in linea col resto dell’album). Un’opera prima di tutto rispetto.