Imprint Records – IM015 – 2007
Alberto Mandarini: tromba
Martin Mayes: corno
Lauro Rossi: trombone
Beppe Caruso: trombone
Giancarlo Schiaffini: trombone
Carlo Actis Dato: sax baritono
Daniele Cavallanti: sax tenore
Eugenio Colombo: sax soprano, flauto
Gianluigi Trovesi: sax contralto
Giodo Mazzon: tromba
Pino Minafra: tromba
Emanuele Parrini: violino
Paolo Damiani: violoncello
Giovanni Maier: contrabbasso
Umberto Petrin: pianoforte
Fiorenzo Sordini: batteria
Tiziano Tononi: batteria
Matthew Bourne: voce recitante
Che il jazz italiano stia vivendo da un po’ di anni a questa parte un periodo magico è una constatazione difficile da negare. Ad analizzare più attentamente questo fenomeno però ci si accorge come spesso sia il jazz più frivolo e leggero, fatto magari di virtuosismi per lo più fini a se stessi, ad avere più presa nel nostro paese, facendo rimanere nel dimenticatoio realtà che meriterebbero ben più alti palcoscenici. E’ questo senza dubbio il caso della Italian Instabile Orchestra, la nostra maggior big band sperimentale nata nel 1990 in occasione del Festival di Noci da un’idea del trombettista pugliese Pino Minafra.
Quasi ignorata in Italia, fortunatamente all’estero il collettivo ha da subito riscosso un notevole successo e interesse: il progetto italiano infatti, dopo le prime tappe europee, catturò l’attenzione del produttore della ECM Manfred Eicher che commissionò l’uscita per l’etichetta tedesca di Skies of Europe, una registrazione di un concerto tenuto a Firenze nel maggio del 1994. Da lì in avanti l’Orchestra si è sempre divisa tra prestigiose etichette straniere e autoproduzioni italiane. A dire il vero sin dagli esordi l’ensemble ha avuto ottimi riscontri di pubblico e di critica specializzata anche in Italia, se è vero che ha ricevuto negli anni ’90 per ben quattro volte il prestigioso riconoscimento della rivista Musica Jazz come miglior gruppo, confermandosi anche nel referendum di quest’anno proprio con l’uscita di questa nuova registrazione. Nonostante ciò, l’Orchestra non è mai stata giustamente supportata nel nostro paese sia a livello di produzioni che di inviti, essendo incredibilmente ignorata dai nostri festival più importanti che invece preferiscono affidarsi ai grandi nomi internazionali che molte volte poco hanno a che fare con il jazz. E così, anche per questo London Hymns, Minafra e compagni hanno scelto la via dell’autoproduzione. I sette brani del disco fanno parte del concerto tenutosi alla Purcell Room in occasione del London Jazz Festival il 12 novembre 2005.
Una serata magica, con i diciassette elementi in stato di grazia che danno prova di tutto il loro talento e esperienza raggiungendo una maturità oramai conclamata sia a livello compositivo, esecutivo che improvvisativo. I brani vanno dai temi scritti da alcuni membri, da Maier a Trovesi fino a Damiani, fino al personale riarrangiamento del tradizionale neworleansino St. James Infirmary da parte di Schiaffini, concludendosi con la splendida Vanhu Patema con l’arrangiamento di Tiziano Tononi. Il disco mette in luce ancora una volta tutte le varie anime che formano l’Orchestra soprattutto nella dimensione dal vivo in una felice coesistenza di diciassette personalità, in cui ognuno è degno protagonista. L’ovazione finale è il giusto epilogo per quello che si può davvero definire, come amava ripetere Mario Schiano, un miracolo italiano.