Roberto Ottaviano & Pinturas – Un Dio Clandestino

Roberto Ottaviano & Pinturas - Un Dio Clandestino

Dodicilune Dischi – Ed255 – 2008




Roberto Ottaviano : sax soprano

Nando Di Modugno: chitarra classica, chitarra acustica

Giorgio Vendola: contrabbasso

Pippo Ark D’Ambrosio: batteria






Roberto Ottaviano sottolinea con un titolo forte il significato intimo del lavoro. Un Dio Clandestino raccoglie dieci riflessioni musicali dove si intrecciano accenti provenienti da stili diversi. Le tracce presentate dal sassofonista, infatti, sono riprese da autori come Egberto Gismonti, Lakshmi Shankar, Francis Bebey, Nelson Cavaquinho e Hermeto Pascoal oppure sono brani tradizionali, scelti dalla musica popolare spagnola, svedese, macedone e lituana.


L’atteggiamento del quartetto diventa la “regola” del viaggio intrapreso da Ottaviano. Un approccio aperto, duttile: la formazione ricrea con un’interpretazione elegante e disinvolta le differenti atmosfere disegnate da ciascun autore. Le chitarre, classica e acustica, di Nando Di Modugno e la versatile tavolozza delle percussioni di Pippo D’Ambrosio permettono di cambiare in modo immediato intenzioni e direzione del suono. La solidità di Giorgio Vendola garantisce una base robusta e sempre attenta alle diverse e diversificate evoluzioni del soprano del leader, in grado di coniugare la voce propria del quartetto alle tante anime dei brani in uno scambio reciproco e continuo di influenze e sensibilità.


L’elemento più importante del lavoro è l’osmosi tra repertorio e personalità che Ottaviano e i suoi musicisti riescono a creare nelle dieci tracce. L’unità e la compattezza sono date da un suono che si adatta alle necessità e mantiene una propria connotazione forte: alle tante possibilità offerte dal repertorio, il quartetto aggiunge riflessi classici e la naturalezza della forma canzone, una partecipe vena improvvisativa e l’abile intenzione di lasciar vivere nei brani le atmosfere di provenienza.


Una galleria di paesaggi, attraversati con tono positivo e, anche dove emergono momenti più malinconici o riflessivi, la musica non lascia mai prevalere il pessimismo o sentimenti negativi. Il sassofonista spiega nelle note di copertina il perché del titolo: le immagini di morte, miseria e guerra che i media portano nelle nostre case dalle varie regioni del mondo portano a chiedersi se ci sia un Dio e quanto si preoccupi effettivamente della sorte delle sue creature terrestri. “Se poi ci soffermiamo a pensare a tutti quegli uomini che realmente operano, sostengono, si fanno carico di riportare dignità, speranza e vita, in quei luoghi, allora ci rendiamo conto che la risposta può essere negli atti di questi uomini, piuttosto che in tante chiese e nelle molte omelie delle nostre domeniche. Dio diventa clandestino quando scende in situazioni scomode. Dio diventa clandestino quando è nelle cose meravigliose che fanno uomini semplici ma grandi. Non gli riconosciamo cittadinanza poiché abbiamo bisogno di una qualche rivelazione straordinaria.”


Un’accezione forte e ottimista, amara e volitiva. La musica scelta e le parole scritte da Ottaviano si combinano in un unicum molto coerente. Il giro del mondo pensato e presentato dal sassofonista in Un Dio Clandestino evidenzia la difficile coesistenza di bellezza e sofferenza, di tradizioni culturali di altissimo livello e situazioni di altrettanto manifesta drammaticità. La musica del quartetto diventa così un auspicio a risolvere questa contraddizione in termini costruttivi, senza nascondersi difficoltà e provocando positivamente le persone all’impegno e al lavoro oscuro, ma utile e necessario.