SPLASC(H) Records – H1526.2 – 2008
Stefano Leonardi: flauti
Matteo Turella: chitarra
Paolo Ghetti: contrabbasso
Carlo Alberto Canevali: batteria
Ama il jazz ma lo arricchisce di spunti – dal funky all’etnico – è giovane, è italiano: così parlare dell’impronta di Stefano Leonardi, del rimando naturale a Herbie Mann e a Sam Most, della naturale versatilità dello strumento risulta in questo caso decisamente riduttivo, e per metabolizzare le sonorità del flauto di Stefano Leonardi occorre spogliarsi di qualunque preconcetto sperimentando un viaggio fatto d’ispirazione. E di ispirazioni.
E-Ray è un disco particolare. Lo dimostra in primo luogo la scelta operata sui titoli, nel cui blend ritroviamo a un tempo la luce del Brasile o la vena dolente di Tel Aviv, e dall’altra parte un tema orientale sinuoso e ardente che rimane dentro a lungo e si ritrova nella traccia che intitola il lavoro. Il batterista Carlo Alberto Canevali concretizza all’interno di questo pezzo il suono di mille strumenti infiniti, la chitarra di Matteo Turella incanta e il basso di Paolo Ghetti ha un ruolo fondamentale nella partitura.
Abrib’s Circle e The Jackal sono gli altri due brani composti dal musicista all’interno di E-Ray. Il primo funge anche da incipit del cd, ed è una scelta non casuale. Il riff è particolarmente piacevole, l’esecuzione di Leonardi rimanda in alcuni passaggi a Ian Anderson – che peraltro non disdegnava uno stile ‘jazzistico’ nelle sue performances con i Jethro Tull e forse anche per questo diventa per il flautista trentino fonte d’ispirazione – e la sezione ritmica è incalzante e coinvolgente. Con The Jackal l’intenzione è quella di andare oltre il ritmo latino, oltre il divertissement, costruendo un pezzo fluido e personale perfetto per la connotazione dei vari strumenti.
Quello che rimane è tutto da approfondire, dai due brani scelti come omaggio a Herbie Mann, Basin Street Est (con costruzione vagamente rollinsiana) e la struggente Tel Aviv, a Gershwin goes to Rio dell’eclettico pianista Dennis Luxion e alla pietra miliare della bossa nova Batida Diferente di Durval Ferreira, per giungere al pezzo che chiude il lavoro di Leonardi e cioè quella Afro Blue di Mongo Santamaria, con la quale si sono misurati alcuni tra i più grandi musicisti jazz (John Coltrane, McCoy Tyner, Gary Burton…) dove tutto il gruppo dà davvero il meglio di sé e l’elemento jazz diviene esaltante anche per chi ascolta.
Si sta parlando tra l’altro di un lavoro i cui meriti sono stati giustamente riconosciuti anche dalla critica e le partecipate liner notes di Giuseppe Segala ne sono la prima testimonianza. Ma l’impressione personale è che Leonardi voglia, seppure attraverso un percorso musicale complesso, arrivare all’ascoltatore con grande, calviniana leggerezza. Anche solo analizzando questa scelta di stile, E-Ray diventa senza dubbio un disco importante.