Massa Sonora 2008

Foto: Fabio Ciminiera





Massa Sonora 2008

Massalombarda – 22-23.11.2008.


Mettere i collettivi italiani di musica di ricerca e improvvisazione intorno a un tavolo e creare una vetrina per le loro produzioni con concerti e incontri. Massa Sonora, rassegna ideata da El Gallo Rojo a Massalombarda, si è rivolta, sia dal punto di vista organizzativo che artistico, alla musica di improvvisazione: avanguardie e radicalismi, necessità, espressive e non, problemi relativi alla comunicazione e salvaguardia di spazi liberi da logiche precostituite. Massa Sonora riprende il discorso avviato lo scorso anno da Map of moods: un vero e proprio meeting, una possibilità di incontro tra esperienze simili quanto particolari.


Quattro concerti, in programma nella Sala del Carmine di Massalombarda, e due momenti di improvvisazione libera e spontanea, nello Spazio Giovani, sabato sera e domenica mattina. Il gesto e il suono protagonisti, in modo più evidente che in altri contesti: il gesto produce il suono, ma anche tensioni e momenti scenici, importanti nell’economia del concerto. E le manifestazioni di questo rapporto sono molte ed articolate: coniugare le motivazioni e la pulsione della ricerca sonora con le combinazioni melodiche; preparare gli strumenti, modificarli con oggetti di uso quotidiano e utilizzarli in modo non convenzionale; costruire la propria grammatica musicale e nuove possibilità sonore a partire dal free per superarlo e rendere fluide e totali le regole di comunicazione sul palco e con il pubblico, attraverso, anche, l’accostamento libero di linee melodiche e di approccio.


La visione radicale dell’improvvisazione declinata in maniera differente dai gruppi chiamati su palco: dalla visione profonda e concentrata di Giovanni Maier e Edoardo Marraffa al rapporto con la primordialità del blues e della strumentazione di Paolo Botti; dalle dissolute ed esplosive combinazioni sonore di Riccardo Pittau Congregation, con Paolo Angeli e Francesco Cusa, alla visione lirica e concettuale di Io e Lui, vale a dire Mirko Sabatini e Antonio Borghini.


Declinazioni differenti, riflesse in atteggiamenti, applicazioni dei suoni, modi di stare sul palco e concezioni generali. Il dialogo tra Giovanni Maier e Edoardo Marraffa è serrato e si svolge in una suite unica, senza interruzioni: una costante e libera intersezione di melodie, attraverso contrasti stridenti e avvicinamenti reciproci. Atteggiamento totalmente diverso nella successiva esibizione di Riccardo Pittau, Francesco Cusa e Paolo Angeli, in una collettiva, arrembante, elettrizzante ed elastica esplosione di suoni acustici, accentati, di tanto in tanto, dagli attrezzi meccanici predisposti da Angeli sulla sua chitarra e dal disarmante sarcasmo delle presentazioni di Pittau.


Io e Lui, vale a dire Mirko Sabatini e Antonio Borghini, batteria preparata e contrabbasso. I due musicisti hanno presentato Acustica, lavoro pubblicato per Bassesferec, l’etichetta del collettivo Basse Sfere. Sabatini e Borghini creano una dimensione fortemente poetica, rarefatta e, allo stesso tempo, concreta per la materialità degli strumenti e degli oggetti utilizzati: c’è scrittura, c’è soprattutto un’idea molto forte riguardo la disposizione dei momenti scenici e delle atmosfere, molto organica e strettamente correlata ai gesti, alle modalità di utilizzo degli strumenti e alle possibilità acustiche e espressive del contrabbasso, della batteria e degli oggetti aggiunti alla batteria.


In Looking Back, Paolo Botti cerca la quadratura tra il suono delle radici – il dobro, il banjo e la viola – e la radicalità di alcune scelte di improvvisazione collettiva: sul palco, si aggiunge anche la dimensione scenica portata da Dimitri Grechi Espinoza e Filippo Monico. Nel concerto, il quartetto da maggiore spazio alla vena informale e libera della propria voce, soprattutto con Espinoza e Monico; il contrabbasso di Tito Mangialajo Rantzer serra le fila, mentre Botti rilancia con i suoi diversi strumenti, le motivazioni intrinseche di un repertorio dallo sguardo bifronte, muovendo in una sorta di progressivo allontanamento dalle forme di partenza.


Quattro gruppi provenienti da collettivi e realtà territoriali differenti, anche se, in molti casi, in rapporti stretti tra loro, per quanto concerne componenti e percorsi. A partire dai riferimenti più radicati della scena della musica di improvvisazione e di ricerca, come Improvvisatore Involontario e Bassesefere per arrivare ai padroni di casa di El Gallo Rojo, all’esperienza di Giovanni Maier – con i dischi prodotti dalla Palomar – oppure alle pubblicazioni della Almirani Records e alle esperienze di Axé Music di Livorno, presenti all’incontro della domenica, e alle esperienze contigue come appunto Paolo Botti con il suo progetto pubblicato dalla Caligola. Territori e modalità differenti per esprimere una serie di necessità primarie, espressive e esistenziali, libertarie e comunicative.


Che l’avanguardia sia necessaria lo rivela, forse in modo banale, il termine stesso, nella sua implicita relatività. La normalità espressiva di ogni epoca si fonda in parte su modalità inedite o impensabili in precedenza: la sperimentazione permette di trovare nuove forme linguistiche, utilizzando in maniera nuova o inaspettata i materiali a disposizione.


Tuttavia, le attività di ricerca, dalla scienza all’arte e allo spettacolo, hanno bisogno di una iniezione di fiducia, in partenza: il musicista, nel nostro caso, deve sentirsi libero dalle ricadute eventuali della sua opera sul mercato. Come è ovvio, se il jazz, tranne alcuni casi, non muove numeri enormi, la penetrazione della musica di ricerca sul mercato è ancora più problematica, per tacere delle possibili ricadute della crisi economica di questi mesi. L’avanguardia, a sua volta, deve, forse, scrollarsi di dosso alcune visioni ideologiche e certe pretese di rigida ortodossia, sufficienti da sole a tener lontane i non addetti ai lavori.


Il forum della domenica pomeriggio – momento informale di confronto tra le esigenze, i problemi, le soluzioni e le necessità – ha messo in risalto la volontà unitaria dei diversi soggetti di collaborare per dare il maggiore impatto possibile alle iniziative e abbattere costi e difficoltà: allearsi per risolvere questioni pratiche e problemi concreti per poter sviluppare, poi, le specificità dei diversi percorsi con maggiore tranquillità. La scena è attiva ed energica, capace di dar vita a molte attività e registrazioni: i suoi protagonisti sono presenti in moltissimi contesti e sono in grado, perciò, di traghettare molti degli spunti della ricerca in lavori dal profilo più “consolidato” e maggiormente visibili e di proseguire così il meccanismo – naturale, costante e, soprattutto inevitabile – di aggiornamento delle espressioni sonore, da sempre presente nel jazz e, in generale, nella storia della musica.