Foto: Fabio Ciminiera
Gianluca Petrella @ MiTo Settembre Musica
Torino, Mole Antonelliana – 8.9.2008
Visto dalla parte dei torinesi, il MiTo 2008 è stata un’esperienza in alcuni casi incantevole, soprattutto volendo approfondire gli incontri più propriamente jazz come la performance di Gianluca Petrella alla Mole Antonelliana, alla cui realizzazione ha contribuito anche il Centro Jazz Torino. Momento artistico davvero singolare, questo concerto in solo dell’eclettico trombonista (unico italiano ad avere vinto per due anni consecutivi il ‘Critics Pool’ della rivista Down Beat per Artisti Emergenti) era strutturato in due set analoghi, uno il pomeriggio e uno alla sera: esperienza raffinata e impagabile per chi si occupa quotidianamente di jazz, un divertissement partecipato e strabiliante per l’eterogeneo pubblico presente.
Il silenzio di una sala carissima ai torinesi e in generale ai cinefili (il Museo del Cinema ha sede proprio qui, andatevi a rivedere “Dopo Mezzanotte” di Davide Ferrario) viene improvvisamente rotto da un suono leggero e arcano, occhio di bue, rumori come di traffico, Gianluca che corre e si agita e gioca con l’acustica della Mole, attraversa le balconate sperimentando note tanto dal vivo da sentirgli il respiro, con il fiato che realizza un’idea di sezione ritmica. E tutti attenti, rapiti e a rischio di cervicale, magari anche qualcuno un po’ affaticato dall’originalità della performance ma comunque ricettivo, da consumato fruitore di suoni. E Gianluca intensifica, toglie l’ancia, fa versi ritmici, si asciuga il sudore a ritmo, fischia dentro il bocchino che diventa anche elemento percussivo, crea luminose variazioni d’intensità del suono garantite dalla perfetta acustica della sala, allenta la ghiera della coulisse e suona solo con quella, modulata da un bicchiere… Mille infiniti rumori che diventano suono nello spazio dell’improvvisazione.
Un giro blues o una variante su un tema facile che con lui diventa meravigliosamente distorta e suonata come dentro uno specchio deformato, e all’improvviso emerge una piccola radio fissata alla cintura: impasto sonoro che evoca John Cage, ma anche pretesto colto per lasciare ancor più spazio alla creazione nell’attimo in cui essa si compie. Purtroppo – o per fortuna – nessuna stazione può essere sintonizzata a pieno: prima Mango, poi Avril Lavigne che le spurie rendono persino piacevole, lui si arrabbia e urla nel trombone poi trova un pezzo da discoteca e improvvisa, non va ancora bene ma parte a mimare un dialogo tra generi, trova la techno e la nobilita, infine continua a girare la manopola all’impazzata gridando nel trombone la ‘disperazionÈ di non trovare nulla di buono, o di ben emesso. Personalmente la ritengo una delle emozioni più fisiche incontrate negli ultimi tempi su un palco.
Petrella è uno che ha un profondissimo senso della musica; le sue digressioni, i suoni gravi vibrati, una sordina metallica che cade e lui ne fa una gag sonora, quel suo essere affaticante ma immenso coinvolgono a pieno il pubblico, che si diverte anche a diventare la sezione ritmica di un brano, e l’intento è capire se il concerto ha colpito nel profondo. Alla fine il musicista gioca a suonare fuori dalla sala di nuovo imitando i rumori della strada, torna sul palco correndo e muovendosi come i bambini fanno imitando le auto. Un surreale jazz dinamico, e tutti applaudono entusiasti.
Luci sommesse e atmosfera “Ho suonato per voi come se fossi con degli amici… Se vi siete divertiti non esitate a spostarvi per ascoltare ancora un concerto di musica improvvisata, la prossima volta!” Ipse dixit, e corse via. Suonando attraverso le balconate fino al backstage.