Michele Papadia – Afrocentradelic

Michele Papadia - Afrocentradelic

Picanto Records – PIC013 – 2008




Michele Papadia: Wurlitzer, Rhodes bass, pianoforte, organo Hammond, moog, electronics

Francesco Bearzatti: sax tenore

Fabio Accardi: batteria

Gianluca Petrella: trombone

Giovanni Giorgi: batteria, electronics

Ettore Bonafè: percussioni







Prossima fermata: Afrocentradelic. I signori passeggeri sono pregati di mettersi comodi, rilassarsi e godersi in tutta tranquillità questo trip nel cuore del nu-jazz più elettrizzante e cool del momento, gentilmente offerto da Michele Papadia. Era ora che il tastierista pugliese si liberasse dai numerosi impegni che lo hanno visto girare come una trottola in Italia e in Europa al seguito dell’amico fraterno Gianluca Petrella (e del suo Bread and Tomato Trio), di Fabio Morgera e dei migliori artisti di soul, gospel e funk per offrirci la sua personale visione della musica con un disco che non esiterei a definire tra i migliori del suo genere usciti di recente.


Nei quindici brani inseriti nel cd (che durano in totale la bellezza di 75 minuti) si mescolano gli umori più diversi – introspezione e intenzioni ballabili – secondo un progetto di armoniosa fusione degli stili nel pieno rispetto delle proporzioni tra groove, nero e denso, e sperimentazione elettronica. Alcuni pezzi – come Neurotic – raggiungono direttamente il sistema nervoso con formule semplici ma irresistibili: bastano un rullante ipnotico e l’accompagnamento incalzante di una linea di basso a scatenare reazioni incontrollabili dell’apparato motorio (come battere il tempo con il piede). Altre volte il groove si insinua progressivamente (Indra) o si fa magma ribollente scorre fino a trasformarsi, con crescendo inarrestabile, in inno gospel (Afrocentradelic), oppure detta l’intero mood di un più canonico brano soul-jazz (Soul Training). Papadia controlla magistralmente tutti i registri delle sue tastiere – dal wurlitzer al moog, dal rhodes al pianoforte – ma riesce davvero a toccare corde nascoste quando si mette all’hammond nella dolcissima Nosky (Lullaby for my princess), in cui viene fuori la vera quintessenza di un musicista che per soulfulness è in grado di accompagnare i migliori gospel singers americani. Il resto poi lo fanno gli ottimi arrangiamenti dei fiati e la bravura dei solisti. E qui Papadia non si è fatto mancare proprio nulla: gli assoli di Bearzatti e Petrella (ospite in sei brani) sono un vero lusso (splendidamente ispirato e profondo quello del sassofonista di Codroipo su Inner Peace) e i due hanno ormai trovato un perfetto accordo dopo i due cd del gruppo Indigo 4; infine, Accardi è l’anello di congiunzione tra quest’ultima band e il Bread and Tomato Trio, essendo il batterista di entrambi, e quindi la quadratura del cerchio a livello di interplay è perfetta.


Grazie per aver viaggiato con noi, vi auguriamo buon soggiorno e speriamo di avervi presto nuovamente a bordo. Vero, Michele?