Foto: Ferdinando Caretto
Moncalieri Jazz Festival 2008
Moncalieri – 1/16.11.2008
Questa volta la parola chiave è Impegno. Per definire il tipo di evento è quella giusta ad evocare lo sforzo fatto dagli organizzatori per realizzare qualcosa di tanto completo e anche perché non ci sia nulla che possa sembrare banale o scontato. Moncalieri Jazz è da undici anni una realtà fortemente ancorata al territorio, ma assolutamente dinamica e vitale nel dipanarsi delle scelte artistiche e nella passione che anima i suoi organizzatori (Ugo Viola in testa) anche superando empasse burocratiche o intoppi dell’ultima ora.
La manifestazione ha trovato il suo incipit ideale, anche in quest’edizione, con l’affascinante (e apprezzatissima) Notte Nera del Jazz, sottotitolo “Aria di Jazz… Jazz in Aria” preso alla lettera dalla sempre ottima cantante Carola Cora che ha eseguito i brani nientemeno che da un balcone del centro storico: suggestivo e shakespeariano. “Isole del Gusto” molto appropriate e davvero ogni genere di jazz negli angoli più carini di Moncalieri alta; da risentire il buonissimo jazz rock degli Esagono e la Filarmonica del Jazz diretta da Sergio Chiricosta con qualche punta d’eccellenza come Beppe Bima al piano, Marco Puxeddu alla batteria e lo strumentista Marco Luongo qui impegnato in una toccante esecuzione di My Funny Valentine. La settimana successiva ha visto impegnati gli organizzatori nella realizzazione del Premio Incroci Sonori, vinto quest’anno dall’intenso chitarrista Pino Russo, e dal premio speciale “Tomaso Lama” per il miglior pianista del Concorso, mai meritato come quest’anno: premiato il giovane Fabio Giachino, artista di buonissima tecnica ma soprattutto di grande anima, con un florilegio di prospettive avanti a sé.
Fil Rouge duplice per quest’edizione: le orchestre e il ricordo di Frank Sinatra a dieci anni dalla scomparsa, al quale sono stati dedicati alcuni concerti fino al compimento della rassegna con il Memorial all’Auditorium Rai. Alla Famija Moncalereisa si compie addirittura un gemellaggio tra Moncalieri e Lercara Friddi, paese che rivendica i natali del padre di Sinatra e dove si svolge il My Way Festival (“un vero festival e non una serie di concerti” tiene a precisare l’assessore alla cultura del paese siciliano) e i cui vincitori Giusy Pollani e Daniele Guastella sono protagonisti di questa serata. Assai fortunati, direi, perché ad accompagnarli ci sono Andrea Ravizza al piano, Valerio Signetto al sax, Loris Bertot al contrabbasso, Giampaolo Petrini alla batteria e Nico Di Battista alla chitarra. Sempre bravissimi gli strumentisti, costantemente brillanti gli arrangiamenti di Ravizza e così i vari brani interpretati nel tempo da Sinatra assumono le forme di una scaletta briosa e ben cantata. Voci carezzevoli e buona tecnica senza atteggiamenti divistici, Signetto dolcemente ispirato che fa pensare a Stanley Turrentine, Bertot con quella sua espressione perennemente concentrata e lontana, Ravizza, Di Battista e Petrini contenutissimi ma sempre in procinto di esplodere in pregiati assolo. I cantanti siciliani ricambiano la cortesia con un bellissimo intermezzo costituito da due struggenti serenate siciliane.
Il trittico delle orchestre vede in prima serata la straordinaria – in senso letterale come non mai – Sun Ra Orkestra. Solitamente un po’ reticente alle rievocazioni di grandi artisti scomparsi, stavolta non ho avuto dubbi grazie alla presenza nella band di Marshall Allen, 84 anni 84, che con Sun Ra non solo ha suonato ma ha appreso il percorso innovativo e un po’ iconoclasta che caratterizza anche questa performance. Teatrale, imprevedibile e colorata, un po’ Africa un po’ Hollywood, la band di 14 elementi – che certamente deve aver richiesto un soundcheck da manuale – si muove continuamente sul palco, parla, esce di scena, fa volare spartiti, balla freneticamente, passeggia tra le poltrone della platea. Il tutto caratterizzato da un impasto sonoro distonico ma piacevolissimo dove entra di tutto, voci, un mantra recitato da più persone, una specie di blues, un ritmo, il suono progressive del EVI (strumento elettronico a valvole suonato da Marshall). Il tutto giocato con stile e personalità, intenso e ruvido come solo il sound di Sun Ra sa essere. Partono da un tema, lo sviluppano lungo la strada come naturalmente accade quasi sempre nel jazz, ma la novità sta proprio in questo continuo sporcare, correre e cedere della strumentazione. Oltre naturalmente al sensazionale impatto visivo e anche alla voce antica di Knoel Scott. Un’esibizione che fa pensare a una torta alla panna con tanto liquore dentro.
La sera successiva, ecco di nuovo sul palco delle Fonderie Teatrali Limone qualcosa di analogo, ma con in più l’orgoglio nazionale di annoverare tra i nostri musicisti una personalità di questa portata. La Cosmic Band di Gianluca Petrella è davvero magnifica e rende questa serata di jazz una delle migliori degli ultimi mesi in Piemonte. Pezzi intensi e complessi, spesso lasciati sviluppare attorno a un riff di tre, quattro note e poi crescendo di suoni, sonorità precise ma calde, una sorta di happening caotico ma piacevolissimo dove entrano in campo anche piatti e forchette a definire la ritmica, sezione fiati da urlo e un pianista in fieri e molto apprezzato come Giovanni Guidi, scelta molto azzeccata in questo contesto. E poi una chitarra maltrattata come negli stilemi metal, un percussionista attivo con mille suoni possibili, una batteria sbuffante ma pertinente, un blues arricchito da Petrella tramite tutta una gamma di sfumature creative. Un boom emozionale.
L’ultima serata della rassegna è quella che sulla carta ha dato più soddisfazioni agli organizzatori: l’Orchestra Sinfonica della Rai ad eseguire i brani più famosi del repertorio di Frank Sinatra negli ottimi arrangiamenti di Andrea Ravizza, con i cantanti Ray Gelato, Emma Re e Larry Franco e la conduzione del fortemente connotato Dario Salvatori. Un concerto che certamente non ha potuto deludere, benché ad un’analisi più attenta la sensazione sia un po’ di dicotomia tra l’indubbiamente pregiato clima musicale e qualche siparietto di troppo unito a un gusto estetico quantomeno discutibile. Petrini, con batteria in posizione centrale rispetto all’orchestra in formazione completa, ha una responsabilità infinita che svolge al meglio con una performance davvero scintillante, così come tutti gli altri componenti (da Bertot a Signetto, da Di Battista, Baldioli e Data al sempre magnifico Claudio Chiara), fusi e perfettamente compenetranti con l’orchestra. Ravizza dalla platea si gode l’esecuzione dei propri arrangiamenti e certo ha di che gioire. I problemi sono solo tecnici: dal faticoso continuo andirivieni dei tre cantanti fuori e dentro sul palco – certo creato ad hoc per gli applausi ma assurdo nella dinamica – al continuo ricorso alle battutine di Salvatori, fino ad arrivare all’annoso momento della delegazione di Lercara Friddi sul palco a sostenere di essere l’unico paese siciliano che possa rivendicare le origini di Sinatra, ma soprattutto l’entrata in scena con passerella centrale di due truccatissime signorine in minigonna con guantoni da boxe che se le danno di santa ragione incitate da Salvatori a dimostrazione dell’amore di Sinatra per il pugilato. Sic est. In questi casi, con un materiale artistico così pregevole a disposizione e una location simile, certamente si sarebbe potuto giocare il tutto con un po’ più di finezza, dando maggior risalto agli splendidi arrangiamenti e alla perfetta armonia di orchestra sinfonica e gruppo jazz, unito naturalmente alla bravura dei tre cantanti, in qualche esecuzione particolarmente originali.