Kenny Barron Trio: Remebering Thelonious Monk
Kenny Barron: pianoforte
Kiyoshi Kitagawa: contrabbasso
Francisco Mela: batteria
Partenza in grande (anzi, strabiliante) stile per la tredicesima edizione della rassegna “Conoscere il jazz”, ormai un appuntamento fisso per tutti gli appassionati della zona nord di Milano (e non solo). Location momentaneamente mutata rispetto alle edizioni passate per far porto all’ingente pubblico da tutto esaurito, ma non si può dire altrettanto della filosofia nelle scelte musicali: altissima la qualità in un riferimento costante all’hard-bop e, in generale, al mainstream, cercando di offrire al pubblico una “strada d’accesso” al mondo della musica improvvisata attraverso grandi nomi americani (beninteso, in cartellone non mancano gli italiani, ma se ne parlerà a tempo debito).
A stento riusciamo a pensare a una apertura migliore di quella fornita da Kenny Barron e il suo trio: il pianista americano, tra i più importanti oggi in attività sia per la carriera solistica che per l’impressionante numero e qualità delle collaborazioni che può vantare, si è infatti esibito in compagna di due strumentisti di prim’ordine in una rilettura personalissima di alcuni brani storici di Thelonious Monk. Come ha ben sottolineato Maurizio Franco nella introduzione al concerto (anche questo un elemento fisso, a sottolineare ulteriormente il carattere della rassegna), siamo ben lontani, in questo caso, dalla concezione del trio “parificato” di Bill Evans: con Barron siamo di fronte a un pianoforte nella veste di protagonista assoluto, mentre al sezione ritmica ha il compito soprattutto di sorreggerlo.
Naturalmente l’interplay è stato ineccepibile: i due “comprimari” hanno ben sottolineato la melodicità e la dolcezza del tocco di Barron, in evidenza soprattutto nella straordinaria interpretazione di Ask Me Now, pur riuscendo a sorreggere egregiamente anche brani più aggressivi come Blues in 5\4 di Yusef Lateef (questo almeno il nome convenzionale che lo stesso Barron ha assegnato al brano, altrimenti ignoto). Preciso ed elegante nell’accompagnamento il contrabbasso di Kitagawa, anche creativo nei soli; di tutt’altra caratura però la batteria di Francisco Mela, dall’inesauribile vena ritmico-improvvisativa, dotato di uno swing micidiale e in grado di scomparire nell’accompagnamento dei temi delle ballad, tanto quanto di irrompere improvvisamente in furiosi assoli al limite del geniale: senza limiti, davvero. Come del resto è stato l’intero concerto: come avevamo già avuto modo di sottolineare per il concerto di Hank Jones al Teatro Manzoni di Milano, quando ci si trova di fronte a grandi personaggi della musica jazz che sono stati in grado di sublimare il cosiddetto “mainstream” qualsiasi cosa si dica non può che essere una banalità.