Edmar Castaneda Trio

Foto: Andrea Buccella








Edmar Castaneda Trio @ Kavatik.

Associazione Kavatik, Cavaticchi di Spoltore – 26.7.2009

Edmar Castaneda: arpa

Marshall Gilkes: trombone

Dave Sillman: batteria


Il trio di Edmar Castaneda mette in luce una visione musicale estremamente aperta e contemporanea. suoni delle tradizioni, sintesi e combinazioni tra le diverse influenze, una attenzione spiccata e fondante verso il groove e il ritmo, la necessità di rendere proprie e di dare una linfa personale alle strutture ritmiche ed espressive.


Cominciamo dall’inizio, vale a dire dall’arpa e dall’utilizzo, duplice, che ne fa Castaneda, con la destra, sulle corde lunghe, a disegnare le linee di basso, e a gestire melodie e accordi con la mano sinistra: una visione pianistica e, in alcuni passaggi vicina allo spirito degli hammondisti, con il controllo totale di due aspetti importanti della musica. E’ questa l’impostazione di partenza del discorso sonoro del musicista colombiano – ma trasferitosi giovanissimo a New York.


La musica llanera, la musica delle regioni comprese tra Colombia e Venezuela, è la principale ispirazione dei temi e dei contenuti: una musica fondamentalmente basata su un ritmo di 6/8 e definita da questo ritmo, incalzante e ternario, anche negli aspetti melodici. Si sente, però, nelle note e nei passaggi il riflesso del jazz, la capacità di proporre una sintesi personale, attraverso composizioni originali e l’esecuzione di uno standard come Autumn Leaves. La miscela tra i generi diventa un risultato necessario, in definitiva, e rispetta il percorso personale fatto dal musicista ma anche il percorso fatto dagli incontri tra i popoli e le rispettive combinazioni culturali.


Anche il ritmo diventa uno dei banchi di prova della scelta del trio: la gestione ritmica è efficace in tutte le direzioni ed è sia capace di adattarsi e valorizzare il lirismo dei brani più contenuti sia, soprattutto, di dare corpo al groove e alla festosità ritmica che anima profondamente le composizioni di Castaneda e gli arrangiamenti dei brani non originali. Il tempo di riferimento sono i sei ottavi, di cui si parlava in precedenza e come lo stesso Castaneda spiegherà nel corso dell’intervista realizzata in occasione del concerto: ma il discorso si amplia e si concede ad altre possibilità. Castaneda suona le corde dell’arpa con grande intensità e questo si riflette sull’approccio ritmico del trio; inoltre ance in questo senso si focalizza e si precisa la sintesi musicale dell’arpista.


Ovviamente Castaneda non si ferma qui: la formazione del tutto inusuale aggiunge i suoni di un trombone morbido e rivolto soprattutto ai registri alti e la libertà permessa al batterista dalla atipicità del trio e dal mancanza di un vero e proprio basso. Effetti e pedali da chitarrista portano accenti particolari in alcuni passaggi al suono dell’arpa: Castaneda lavora con delicatezza in questa direzione per trarre ulteriori potenzialità espressive dallo strumento. Questo per dire come l’aspetto sonoro porti con sé anche delle questione di contenuto: il suono dell’arpa, alcune soluzioni prive di spigoli, l’approccio generoso di suoni della batteria rivelano la capacità di disegnare una visione coinvolgente, intrigante. Il vocabolario è quello messo a disposizione dall’incontro tra musiche sudamericane e jazz: Castaneda sfrutta in modo pieno la possibilità di far confluire generi e linguaggi, tipica della musica di oggi e rimanda al pubblico una lettura tanto attenta alle tradizioni e ai relativi maestri quanto personale.


Il concerto del trio di Edmar Castaneda si è svolto a Kavatik, associazione attiva a Cavaticchi di Spoltore, paesino sulle colline circostanti Pescara, e ne ha chiuso la prima parte della stagione. Abbiamo chiesto a Omar Crocetti, direttore artistico dell’associazione, di raccontarci il percorso di Kavatik. “Abbiamo colto al volo la possibilità di avere un artista come Castaneda: ma durante tutta la stagione, e anche negli anni precedenti, abbiamo avuto artisti di grande livello. I progetti sono quasi sempre originali e hanno alle spalle produzioni discografiche: abbiamo cercato di realizzare un percorso, quanto meno, non scontato.”


“La realtà di Kavatik, prosegue Crocetti, è straordinaria per un’associazione che si rivolge principalmente ai propri soci, anche se gli ospiti diventano sempre più numerosi e questo ci riempie di gioia. L’idea vincente della nostra associazione è data dalle modalità con cui riusciamo a organizzare i concerti, ovvero il contatto diretto con l’artista: il pubblico condivide in modo pieno la serata con l’artista, dal dialogo fino alle jam session dopo il concerto con i molti musicisti presenti tra i nostri soci. La sede di Kavatik non è molto grande per cui il numero degli spettatori è giocoforza ridotto: non possiamo andare oltre certe cifre, ma siamo orgogliosi delle tre stagioni che abbiamo realizzato e crediamo molto nell’idea alla base del nostro percorso.”


A fianco delle attività in sede, ci sono state diverse escursioni all’esterno. “Abbiamo fatto esibire Jeremy Pelt al Conservatorio di Pescara e abbiamo realizzato anche altre iniziative. Kavatik è una struttura in grado di organizzare concerti: come è accaduto nel caso di Castaneda, abbiamo proposto il concerto anche in altri contesti fungendo da vero e proprio management e abbiamo realizzato in questo modo dei tour con degli artisti di sicuro valore internazionale. Kavatik è diventata così un punto di riferimento e sono sempre di più iud musicisti che vogliono esibirsi da noi.”


In apertura, la breve esibizione della cantante newyorchese Julie Eigenberg, in duo con Nick Del Grande. Voce e chitarra per esplorare le melodie di standard celebri e alcuni capisaldi della bossa nova; un’atmosfera immediatamente informale per rendere evidente lo spirito della serata.