Odd Times Records – OTR 010 – 2009
Fabrizio Ottaviucci: pianoforte
Chiariamo subito: l’idea, anzi il concetto musicale di Raga – ovvero delle varie scale appartenenti alla musica tradizionale indiana – è qui nel presente disco di Ottaviucci un pretesto, un abbozzo ideale per lanciare i contenuti poetici, visivi, di un lavoro bello e toccante, teso sicuramente alla ricerca di una complessa e particolarissima forma poetica.
Ciò nella misura in cui il Raga viene dissepolto dalla sua tradizionale antica “dicitura” per stabilirsi in un ambiente dove l’improvvisazione avviene (nei modus jazzistici) sulle basi delle note e non degli accordi che invece appunto sono improvvisati.
E la musica? E’ di certo una musica liquida, chiaroscurale, tendente alla leggerezza e al tepore ma che prende le strade di una sensibilità cosmica, che guarda spesso al sublime. Una musica dunque costituita da una forma metrica anomala ma, proprio per questo continuativa di contenuti familiari, formata da strutture e ricerche che toccano il Novecento contemporaneo occidentale, certa musica minimale dai risvolti imprevedibili, ma anche di quell’altro Novecento sul solco di allusivi riferimenti alla profonda caratura europea di compositori come Satie, ad esempio.
Un’autonomia “ben temperata” si direbbe ironizzando, all’interno della quale il notevole pianista marchigiano dilaga in ballate sfuggenti anzi, eliocentriche di un mondo interiore singolare e raffinato. Nulla a che fare col jazz se non nel mistero della rilettura di un’urgenza messa di contro al servizio di melodie docili e antiche, bellissime nella loro contigua spazialità, ermetiche come sono nella loro generosa docile pulsazione.