Maria Pia De Vito & Songs from the Underground – Mind the Gap

Maria Pia De Vito & Songs from the Underground - Mind the Gap

EmArcy Universal – 0602527019499 – 2009




Maria Pia De Vito : voce, live electronics

Claudio Filippini: pianoforte, tastiere

Luca Bulgarelli: contrabbasso, live electronics

Walter Paoli: batteria, live electronics

Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto, live electronics

Roberto Cecchetto: chitarra, live electronics

Michele Rabbia: percussioni, live electronics





Una costruzione continua. Nei brani originali, nelle canzoni, rimodellate o eseguite in maniera estremamente diretta, nella scelta della formazione e nella stratificazione dei suoni, nel modo di concepire e porgere i testi: Mind the gap, il nuovo lavoro di Maria Pia De Vito è soprattutto un racconto in musica. E’ il racconto della contemporaneità, di una visione metropolitana e non necessariamente lineare, dove confluiscono elementi contrastanti.


La chiave però del lavoro è nel brano omonimo e, in particolare, in una frase del testo del brano: it’s all about how to fill, tutto sta nel modo in cui si riempie, ovviamente, il gap.


E, in Mind the gap, Maria Pia De Vito sembra voler portare molte, se non tutte, delle proprie ispirazioni. A partire da una formazione ampia, variegata e utilizzata in maniera modulare e dalle tante diverse e contrapposte idee sonore messe a confronto, anche in maniera diretta, stridente, immediata. Così viene il momento della canzone, interpretata semplicemente con il pianoforte e la voce, o della cover, come nel caso di If six was nine di Jimi Hendrix, suonata con altri strumenti e altra attitudine, ma senza modificare i punti cardine.


Le stesse parole che danno un impatto metropolitano possono essere lette anche come un richiamo alle radici e a prestare attenzione alle evoluzioni troppo nette, ai salti in avanti. Le canzoni del sottosuolo sono le radici di un percorso musicale, la profondità della memoria e le fondamenta basilari dello spirito; Mind the gap, fare attenzione al gradino, allo spazio tra banchina e vagone, guardare, in senso traslato, dove si poggiano i passi e l’idea di riempire questa lacuna, come si diceva in precedenza, diventa una maniera di guardare al proprio mondo musicale e di realizzare, in primo luogo, una sintesi tra le diverse istanze.


La formazione è costituita da un trio di base, dalla voce della cantante e da un manipolo di ospiti coinvolti in maniera efficace ed essenziale nella costruzione dei suoni e delle atmosfere del lavoro. Anche in questo caso, aggiunta, stratificazione, confronto: suoni metropolitani, eclettici, elettrici, sia per il trattamento che per l’atmosfera, si intrecciano alla naturalezza dell’incontro di voce e pianoforte, nell’interpretazione più canonica e lineare di canzoni anche molto celebri come No more I love you’s di Annie Lennox. In questo senso, la concezione visionaria di Maria Pia de Vito si avvale del supporto davvero camaleontico e sempre coerente di Claudio Filippini, in grado di passare con la necessaria e richiesta disinvoltura da un ambiente all’altro, riuscendo a dare forza e sostegno al percorso del disco.


A questo si affianca anche la scelta di un repertorio davvero sfaccettato: si passa da Hidden Passage di Bjork a Eccesso di Rita Marcotulli e Stages I, II, III di Django Bates, da I think it’s going to rain today di Randy Newman a In winds di Anders Jormin. E ancora le diverse firme dei brani originali: la cantante recupera un brano Zoobab de Ouab, composto con Patrice Heral e Paul Urbanek e presente in Tumulti, e propone tracce a firma collettiva, con i musicisti del trio, vale a dire il già citato Filippini, Luca Bulgarelli e Walter Paoli.


E si torna al punto del racconto, del testo concepito non come atto concluso, ma aperto al confronto, in primo luogo, con la musica e con le improvvisazioni e poi, in senso lato, con l’estrema complessità del presente, con la folle diversità degli stimoli cui siamo sottoposti ogni giorno, in modo consapevole o latente. Mind the gap guarda al presente, senza perdere di vista le radici: ricordi e influenze si incontrano e si modificano reciprocamente nel percorso scelto dalla cantante. Fill the gap, come si diceva in precedenza, diventa una maniera di ragionare attraverso la musica, una maniera di trovare la sintesi tra le diverse istanze, senza affermare un punto di vista predeterminato, ma facendolo scaturire dagli elementi messi in gioco.