Roccella Jazz Festival – Rumori Mediterranei

Foto: Luca Daniele









Roccella Jazz Festival – Rumori Mediterranei

XXXIV edizione – 12/22.8.2009





Tra i festival di punta del sud Italia, Rumori Mediterranei si attesta quale manifestazione tra le più frequentate e proficue. Questo almeno dal punto di vista dei numeri. Risultato più che soddisfacente dunque, se non altro per la presenza in cartellone di artisti provenienti da aree musicali (e geografiche) tra le più eterogenee.


All’anfiteatro di Roccella Jonica ad esempio, si è registrato il tutto esaurito per l’esibizione di chiusura affidata a Piero Pelù e gli Aquasantissima. Folk rock antimafia tiratissimo ed espresso com’era prevedibile a tutto volume (forse anche troppo).


Per chi ha vissuto una stagione storica ben precisa relegata ad un periodo glorioso e indimenticabile ecco giungere prima di Pelù Roberto Gatto col suo bel progetto dal titolo Progressivamente (con, oltre al grande drummer romano, John De Leo, Maurizio Giammarco, Fabrizio Bosso, Gianluca Petrella, Roberto Cecchetto, Fabrizio Puglisi e Luca Mannutza). Money arrangiata da Maurizio Giammarco, Watchers of The Sky dei Genesis e Close To The Edge degli Yes, hanno fatto sognare i nostalgici del genere che hanno apprezzato anche due brani autografi di John De Leo.


Il festival era invece stato inaugurato in piazza Castello a Reggio Calabria da Jan Garbarek e la sua band, reduce dalla pubblicazione di Dresden, recentissimo doppio live che, includendo qualche inedito, rappresenta la sommatoria degli ultimi anni concertistici del grande sassofonista norvegese. Musica bella e interessante sino alle citazioni un po’ troppo cantabili di temi che strizzavano l’occhio a un pubblico inconsapevole dei fasti del vecchio Garbarek e di dischi indelebili come Soulstice, Photo With, Paths, Prints e It’s OK To Listen To The Gray Voice.


E di jazz se ne visto poco sin quando al Convento dei Minimi di Roccella, non è arrivata gente come Daniele D’Agaro o Gianluca Petrella che hanno letteralmente scardinato canoni e variabili del jazz libero nei caldissimi pomeriggi curati dall’illustre musicologo Maurizio Franco. Bene ha figurato in questo contesto il giovane pianista Livio Minafra con composizioni autografe per lo più tratte da La Fiamma e il Cristallo di recente pubblicazione, mentre deludente è stato il concerto di Lewis Potter, pianista non memorabile che preferiamo semmai come critico e studioso. Suo l’interessante libro Blue Trane dedicato alla vita e alla musica di John Coltrane.


Ma che bello invece il concerto di Louis Sclavis. Il fiatista di Lione presentando a Martone il suo ultimo lavoro ECM, Lost On The Way, è esploso nelle meravigliose colorazioni di musiche sempre fresche e accattivanti, vive di un’elettricità modernissima e coerente con gli ultimi validissimi progetti. Doveroso citare nel quintetto la presenza del fido François Merville alla batteria e di Matthieu Metzger ai sassofoni.


A Cinquefrondi emozionante e divertente è stato il concerto di Fabrizio Bosso e Javier Girotto Latin Mood. Musica senz’altro rivestita da influenze latinoamericane ma esposte con modernità d’azione e invidiabile competenza, soprattutto grazie agli agili arrangiamenti di Natalio Mangalavite e agli incredibili duetti inscenati dai due leader.


Seguendo la linea itinerante tracciata tra i vari paesi della locride, a Polistena è stata di scena la Minafric Orchestra. La trascinante formazione diretta da Pino Minafra ha esposto segni, visioni e suoni di una mediterraneità sconfinata. Il tutto condito con ironia e altissimo livello improvvisativo (nella band era presente il fior fiore del jazz italiano: Sandro Satta, Giovanni Maier, Carlo Actis Dato, Roberto Ottaviano e Vincenzo Mazone tra gli altri).


Francamente ci si aspettava di più dall’ensemble del bravo chitarrista siciliano Antonio Calogero. A Marina di Caulonia la formazione con ospite l’immenso Paul McCandless ha offerto tematiche “rassicuranti” con sprazzi e riferimenti assai vicini alla musica degli Oregon mentre i Los Tambores del Sur, del percussionista Minino Garay, hanno sviluppato un’esibizione essenzialmente basata su ritmi latini e spumeggianti coloriture retrò, suscitando ricordi e memorie debitrici di un sound ampiamente scardinato nelle musiche settantine di Carlos Santana.


Garay, percussionista eccelso con Bosso e Girotto è ovviamente noto come drummer della formazione di Dee Dee Bridgwater. Con la vocalist di Memphis in piazza Castello un granitico Edsel Gomez al pianoforte, un contrabbassista di vaglia come Ira Coleman e Pernell Saturnino alle percussioni completavano il quintetto di una vera tigre da palcoscenico che non smette mai di stupire. La Bridgwater è una vera mattatrice, ora ancor più raffinata e stupefacente. Qualsiasi standard o canzone da lei interpretata è resa magica. Intensa.


Tango per niente banale ma semmai composto con strutture e tematiche belle e desuete (anche se talvolta ammiccanti), si sono ascoltate a San Giorgio Morgeto nel progetto del pianista Pino Jodice condiviso con Giuliana Soscia. Quest’ultima musicista proveniente dal mondo della classica, in questo caso in veste di fisarmonicista per le musiche di un disco appena uscito e intitolato Antiche Pietre.


Tra le esibizioni più significative delle notti roccellesi non va dimenticata quella della Lydian Sound Orchestra. Da vent’anni sulla scena del jazz orchestrale non solo in Italia, la formazione vanta la presenza di illustri “senatori” come Pietro Tonolo, Paolo Birro, Mauro Beggio, Rossano Emili, Roberto Rossi con inoltre, Kyle Gregory, Marc Abrams e Robert Bonisolo, triade di musicisti diremmo oramai “naturalizzati” nel nostro paese.


Anche qui un bel disco da citare: The Lidian Trip, testimonianza live che “racconta” come nel notevole concerto, gli arrangiamenti e le composizioni orchestrate da un indiscusso bandleader come Riccardo Brazzale.


Il pop di Sarah-Jane Morris ha invece raffreddato i climi che la cantautrice di Southampton ci aveva abituati ad ascoltare. Il progetto acustico portato a Roccella non è infatti apparso rappresentativo di una interprete ricordata nei fasti di Blue Valentine, disco dal vivo risalente oramai al 1996.


Soul, gospel, R. & B. e del buon jazz spogliato da rigida autorevolezza è stato quello del tubista Bob Stewart con la rediviva Amina Claudine Myers (pianoforte e voce) insieme a un chitarrista di vaglia come Jerome Harris. Concerto interessante ma decisamente inclassificabile.


Con l’energia e la verve della sua giovane età, Gianluca Petrella e i TuboLibre hanno offerto musiche dalle estese visioni, moderne, funkeggianti e di indubbia fascinazione sonora, con Mauro Ottolini e Bob Stewart indiscussi alter ego del leader.


Ma al festival (precisamente a Martone), c’e stato anche lo spazio per la musica improvvisata del pianista Gianni Lenoci con, ospite del quintetto, un’agguerrita e sempre spigolosa Joelle Leandre. Di tutt’altra natura le bordate jazz-rock di Jean Luc Ponty. Il violinista transalpino, celebre per le sue collaborazioni con Frank Zappa, a Rumori Mediterranei ha espresso sonorità oramai desuete, rimaste bloccate agli anni Ottanta, malgrado fosse accompagnato da una band davvero virtuosa e impeccabile sotto il profilo strumentale.


Quelli che non sono mancati all’auditorium comunale di Roccella sono stati i consueti appuntamenti pomeridiani.


Ha emozionato sino alle lacrime lo spettacolo di Franca Valeri accompagnata da Rita Marcotulli al pianoforte. Sketch e gags dei tempi della RAI in bianco e nero hanno divertito il pubblico roccellese che ha tributato alle due artiste degne e meritatissime ovazioni.


Altri suggestivi affreschi, ricchi di una poeticità profonda e riflessiva hanno fatto da cornice all’esibizione di Paolo Damiani e Lella Costa, con letture di testi firmati dal giovane scrittore sardo Flavio Soriga.


A spezzare il ritmo di proposte variabili, ma legate sempre in un certo qual modo al jazz, ci ha pensato Elio (di Elio e le Storie Tese). Con lui i Futuristi del Futuro in una sorta di dedica a Filippo Maria Marinetti in occasione del centenario del Manifesto Futurista. Dichiarandosi militante degli anni Dieci, Elio ha interpretato il ruolo di un neofuturista che teneva un diario immaginario dove si susseguivano strane storie e divertentissimi aneddoti conditi con musiche da nouvelle vague parigina…


Ineccepibile senza dubbio anche il programma di Cinema Songs, che comprendeva nella ricca play list le più belle canzoni del cinema cantate da una oramai affermata Diana Torto. Grazie a un fuoriclasse come Danilo Rea si sono apprezzate musiche e immagini di grandi pellicole del passato come C’era una Volta il West, Il Laureato, Biancaneve, Il Sorpasso e altri capolavori del cinema internazionale. Il tutto contraddicendo la tematica del cartellone 2009 che portava come esplicito sottotitolo Basta con i Capolavori!