Foto: Davide Strada
The Swallow Quartet, Trio Salis-Angeli-Drake, Ben Allison & Man Size Safe
Maratona Jazz @ Mito
Milano, Teatro Ventaglio Smeraldo, 20.9.2009
Ormai un appuntamento fisso per tutti gli appassionati del milanese (e oltre), la “maratona jazz” di Mito Settembre Musica di quest’anno si è distinta, rispetto agli anni scorsi, per una ancora maggiore affluenza di pubblico, nonché (e ci fa piacere dirlo) per la presenza in cartellone di un trio (per quanto radicalmente multietnico) sostanzialmente italiano. Ma andiamo con ordine.
Ad aprire il concerto è stato il nuovo quartetto del ben noto bassista Steve Swallow (seguito ovviamente da Carla Bley, insolitamente all’organo Hammond, oltre che da Chris Cheek al sassofono soprano e da Steve Cardenas alla chitarra): presentando il progetto in prima assoluta proprio nella cornice milanese, naturalmente le valutazioni devono essere rapportate al fatto che il gruppo è ancora in fase di assoluto rodaggio. Detto questo, nonostante le indubbie capacità dei musicisti, e nonostante il fatto che queste capacità non abbiano tardato ad emergere nel corso del concerto, nel complesso il fluire della musica è parso piuttosto statico e privo di impennate, siano esse emotive o stilistico-tecniche: sicuramente una certa “aria” è da molto tempo presente nei lavori della coppia Swallow-Bley, ma nel concerto milanese la proverbiale liricità del basso elettrico, tanto per fare un esempio, è sembrata soccombere alla piattezza dell’insieme armonico, senza emergere come avviene invece in altri gruppi. Difficile dire, infine, se l’impressione di monotonia sia dunque dovuta al poco affiatamento o al sound effettivamente voluto dai musicisti.
Di tutt’altro impatto il secondo concerto, che ha visto sul palco Antonello Salis (pianoforte e fisarmonica), Paolo Angeli (chitarra sarda preparata) e Hamid Drake (batteria e percussioni) per una sessione di jazz fortemente improvvisato e altrettanto fortemente intriso di elementi etnici. Non c’è stato però scontro di culture, o contraddizioni tra le radici sarde e quelle africane, ma più che altro una visione all’insegna di una musica etnica ma globale, portavoce di un attaccamento al suolo natio senza che questo sia inteso come confinato – e quindi portatore di differenze e distanze. La totale libertà espressiva dei tre musicisti ha dato una sferzata di energia al pubblico, riscuotendo amplissimo successo pur non essendo un concerto sempre facile da digerire (proprio a causa della mancanza di strutture ritmiche e armoniche) per il pubblico (segno questo anche di una cresciuta maturità del pubblico di MiTo, il che fa piacere).
In ultimo è stata la volta di Ben Allison, prorompente contrabbassista americano non ingiustamente additato come una delle realtà più interessanti provenienti dall’ambiente d’oltreoceano oggigiorno. Fama giustamente meritata: se nel concerto di Salis, Angeli e Drake le radici “etniche” venivano fuse insieme, nella musica di Allison ad essere fuso con le radici jazz dell’America è l’altra grande forza musicale degli USA, la canzone rock e pop: sopra temi ammiccanti ed energici il virtuosismo creativo di Allison si pasce della semplicità e porta in emersione le sfumature espressive più inattese, dando a ogni brano (tutti autografi – e non senza una certa carica di critica sociale sottintesa ai titoli, cosa che non guasta) energia da vendere. All’altezza del leader gli altri membri della band (un elogio particolare ai sassofoni di Michael Blake e al virtuosismo tecnico del batterista Rudy Royston, i quali con la tromba di Ron Horton e la chitarra di Steve Cardenas vanno a comporre il gruppo “Man Size Safe”). Un concerto travolgente, all’altezza della fama che Ben Allison si è conquistato anche in Italia da qualche anno.
In definitiva, probabilmente una delle maratone jazz meglio riuscite finora: un plauso all’organizzazione di MiTo e, meritatamente, al pubblico.