Foto: Copertina del libro
Fabio Ciminiera – Le Rotte della Musica
Ianieri Editore, 2009.
Le rotte della musica è un libro sicuramente originale nell’attuale panorama editoriale, in specifico per quanto riguarda l’analisi, la critica e la storia della musica. Si tratta di un’opera che vale anzitutto per la duplice idea di esaminare le nuove identità jazzistiche del XXI secolo partendo da una ricognizione a tappeto su un vasto territorio che tiene presente non solo le realtà nazionali, regionali, locali, ma lancia soprattutto uno sguardo inedito, acuto, profondo sui variegati suoni (soprattutto jazzistici, ma non solo) che lambiscono il Mar Mediterraneo, come avverte il sottotitolo, al crocevia di ben tre continenti (Europa, Asia, Africa) e simbolicamente di un quarto (l’America), da cui è nato il sound odierno: ecco quindi i referenti culturali per le rotte della musica, sia essa improvvisata nel solco delle esperienze free e post-bop o radicata nel patrimonio folclorico (i cosiddetti world-jazz ed etno-jazz). Di musica mediterranea del resto si parla già da alcuni decenni, grosso modo dalla metà degli anni Settanta, sia pur con un percorso inverso: allora erano i gruppi folk a inserire le sonorità giovanili (il rock, il jazz, la fusion, ecc.) all’interno di tradizioni popolari spesso arcane o politicizzate. Oggi invece spetta al jazz sud-europeo, maghrebino, mediorientale il compito di scoprire, tra radici classiche, dotte, vernacolari, urbane, nomadi, contadine, gli spunti necessari a creare inedite koiné pan-universali (definirle afro-euro-asiamericane sarebbe forse troppo complesso). Per osservare tutto ciò Fabio Ciminiera adotta il metodo della presa diretta: fa parlare, talvolta anche a lungo, gli stessi protagonisti, intervistando decine di jazzmen, suddividendoli, in un composito e calibratissimo mosaico di idee, poetiche, giudizi, opinioni, per aree tematico-geografiche in un flusso narrativo omogeneo, da cui trapela una doppia visione del tema (esiste o no un jazz mediterraneo? quale? come?): alcuni musicisti sostengono di agire entro i confini che sono ancora stabiliti dal jazz-jazz, altri invece schiudono le porte a immaginifici universi sonori con risultati, dalla Francia alla Spagna, dalle isole ai Balcani dall’Africa settentrionale all’Asia Minore, davvero sorprendenti. Il libro è infine completato da bele immagini in bianco e nero e alla fine da un comodo indice dei jazzmen che appaiono in ordine di intervista: non sarebbe elegante in questo sede citare i migliori o quelli più famosi, perché in questo bel volume di Fabio Ciminiera tutti concorrono a creare, sviluppare, comunicare i grandi suoni del Mediterraneo, fra le tante rotte di una musica che non cessa mai di stupire.