Bebo Ferra Luàr Quartet

Foto: Fabio Ciminiera










Bebo Ferra Luàr Quartet.

Moody Jazz Café, Foggia – 29.2.1010

Bebo Ferra: chitarra

Marco Decimo: violoncello

Rita Marcotulli: pianoforte

Lello Pareti: contrabbasso



Luàr, la luce della luna; il Brasile notturno, intimista, di Bebo Ferra è un quadro dipinto con i colori del violoncello di Marco Decimo, il pianoforte di Rita Marcotulli e il contrabbasso di Lello Pareti.


Qualche complicazione tecnica all’inizio del concerto, dovuta soprattutto ai pedali per la chitarra, hanno provocato una rilettura più suonata e meno eterea del materiale presente nel disco pubblicato nello scorso autunno. Va detto, della grande presenza di spirito e capacità di intervento di Rita Marcotulli, abile nel comprendere la situazione, prendere la guida della formazione e restituire, attraverso le note del pianoforte e uno stile sempre lucido e fluente, le atmosfere e le intenzioni dei brani.


Risolti i problemi a vantaggio di una soluzione sonora quasi totalmente acustica, Bebo Ferra si è diretto verso una dimensione più on the road dei brani: sia chiaro si è trattato in ogni caso di un concerto dal tono acustico, morbido e cameristico, dal tono lirico, dove ha preso spazio un’attitudine più “sudata” e meno concettuale del concerto. Le composizioni son state “ritoccate” quindi per venire incontro alla situazione, ma hanno comunque mantenuto la limpidezza e le linee guida con cui sono state registrate nel disco.


Un concerto fatto di dialoghi: splendido quello di chitarra e pianoforte, diversi i momenti guidati dagli scambi dalle risposte serrate di chitarra e violoncello, tanti i raccordi condotti all’unisono o creati in maniera corale a dare un’idea del rapporto saldo tra i musicisti.


Il concerto tenuto a Foggia dal quartetto di Bebo Ferra ha messo in luce la versatilità e lo spessore della scrittura del chitarrista: implicazioni serrate tra suoni e visioni mediterranee e influenze di quel Brasile meno festoso, meno da cartolina. Il Brasile visto dalla Sardegna, dal Mediterraneo, come ha detto Ferra durante l’intervista pubblicata su Jazz Convention e registrata poco prima del concerto: in effetti la cifra caratteristica del quartetto è nel leggere i Brasile, con riferimento soprattutto alle esperienze più colte e attente alla scrittura, attraverso i suoni, le modalità, le predisposizioni culturali da parte di musicisti che vivono, si sono formati e lavorano nell’ambiente sonoro italiano e mediterraneo e che sono rivolti naturalmente a pensare la musica alla confluenza di esperienze diverse.


Le atmosfere e le situazioni sonore di Luàr possono sembrare estranee a un jazz club: come certe chiusure sospese, come i brani dallo sviluppo lineare, senza la chiusura con la ripresa del tema e dove le improvvisazioni diventano a loro volta parte della composizione. Le strutture vengono utilizzate come sostegno per gli assolo: griglie e spazi definiti in modo da permettere l’azione dei vari musicisti, ma sempre tenendo conto del risultato complessivo i ogni passaggio, come, in un certo senso, hanno dimostrato anche i problemi tecnici e il loro superamento nella successiva “rielaborazione” del materiale durante il concerto. Tornando ad ascoltare il disco al termine del concerto si colgono le differenze e le direzioni prese durante il concerto ma si mantiene anche molto precisa l’idea di fondo del quartetto concepito da Ferra.