Foto: Michelangelo Felicetti
Roberto Gatto I-Jazz Ensemble.
Itinerari Jazz, Trento – 19.4.2010
Roberto Gatto: batteria
Gaetano Partipilo: sax alto
Max Ionata: sassofoni
Giovanni Falzone: tromba
Roberto Rossi: trombone
Alessandro Lanzoni: pianoforte
Battista Lena: chitarra
Dario Deidda: basso
Da uno come Roberto Gatto ci può aspettare davvero di tutto. Il batterista e compositore romano lo si è potuto apprezzare negli anni in formazioni di ogni genere, tipologia e numero di componenti. A Trento, per la chiusura degli “Itinerari Jazz 2010”, lunedì 19 aprile Gatto si è presentato sul palco del Teatro Auditorium S.Chiara in compagnia di otto musicisti che attraversavano ben tre generazioni. E che musicisti.
Partendo dal più “esperto”, alla batteria c’era proprio Gatto. Esperto perchè anziano è una parola poco appropriata, perchè la musica non può divenire anziana e tantomeno invecchiare. E il groove portato in scena da Gatto e soci è tutt’altro che vecchio nel nuovo progetto “Roberto Gatto I-Jazz Ensemble”, che dopo una data di anteprima nazionale alla Casa del Jazz di Roma domenica 18 aprile, debuttava ufficialmente a Trento la sera successiva.
Gatto ha creato una simil-Big band eterogenea, fatta di amici di vecchia data come il viareggino Battista Lena alla chitarra o il maestro salernitano Dario Deidda al basso, a cui si sono aggiunti i baresi doc Gaetano Partipilo e Max Ionata ai sassofoni e l’eccentrico Giovanni Falzone alla tromba. Al trombone c’è Roberto Rossi, uno dei due fuoriclasse del trombone in Italia con Petrella, come Gatto stesso ha dichiarato, mentre al pianoforte una stella nascente, che nel curriculum vanta già due album all’attivo, ovvero il diciottenne fiorentino Alessandro Lanzoni. Tre generazioni di musicisti quindi sul palco di Trento, per uno spaccato del jazz di casa nostra che corre da nord a sud del nostro paese, e dimostra di essere quanto mai vitale e vivo.
L’apertura è affidata ad un brano originale di Gatto, la splendida Deep, dopo la quale l’ottetto rende subito omaggio a un “big”, il sassofonista Dewey Redman la cui Mushi Mushi riscalda gli animi del pubblico in sala. Il batterista romano prende poi la parola e ringrazia i suoi compagni di palco lusingandoli subito con un “questi sono i migliori musicisti che possiate trovare in giro”.
Take the dark train di Battista Lena fa tornare a parlare solo la musica sul palco trentino con Gatto e il suo ensemble che tutto sembrano, tranne che alla loro “prima”. L’amalgama sonora risulta equilibrata e mai scontata, con nessuno a risparmiare i propri solo, senza tuttavia apparire ingombranti. Lanzoni è un “diesel” nel riarrangiamento di What is this thing called love. Parte soffuso e leggero sui tasti, quasi timido. Sarà l’età? In verità è questo il suo stile, appena accennato in principio, che poi sfocia in cinque minuti abbondanti di monologo pianistico che lo stesso Evans avrebbe di sicuro apprezzato. In Satie’s good di Gatto è la volta di Deidda che si lascia trascinare dall’estro, e i suoi compagni di palco lo assecondano volentieri. La scaletta prevede anche una divertente rivisitazione di Pure Imagination dal film La fabbrica di Cioccolato, e King Porter Stomp di Jelly Roll Morton che fa rivivere ancora magiche atmosfere da grande cinema.
Sul lungo tevere è un pezzo di Gatto che il batterista dedica alla sua Roma e ad Alberto Sordi. Di chiara matrice popolare romana, il brano alterna ritmi coinvolgenti a momenti di stampo prettamente improvvisatorio, per chiudere con il suono degli zoccoli dei cavalli che trotterellano lungo il fiume – interpretati dalle bacchette che Gatto tiene in bocca e fa schioccare l’una contro l’altra.
Il “Roberto Gatto I-Jazz Ensemble” si congeda da Trento e dal suo pubblico con un brano originale del suo portavoce e leader. Si chiama Lysergic ed è un finale intenso, profondo, come tutta la serata che il batterista romano e il suo ottetto hanno regalato a Trento.