Slideshow. Boris Savoldelli

Foto: Fabio Gamba © Phocus Agency










Slideshow. Boris Savoldelli.


Jazz Convention: Boris, hai voglia anzitutto di raccontarci il tuo nuovo lavoro discografico?


Boris Savoldelli: Certo che si: il primo appuntamento sarà il 22 aprile 2010, quando presenterò il nuovo videoclip del singolo dal titolo The Miss Kiss, brano estratto dal mio prossimo cd che si intitolerà Biocosmopolitan e che dovrebbe uscire entro l’anno sempre per la Moonjune Records di New York. Sono molto contento di come è uscito il video! E’ un progetto folle, ambientato nella Chicago degli anni Trenta, dove il sottoscritto “interpreta”, ovviamente con molta ironia, ben 13 personaggi: da Al Capone a tutti i componenti della Band Musicale che “suona-canta” il brano, dall’ubriacone al bancone al barista che lo serve, dal giocatore d’azzardo al cassiere del locale. Un’esperienza davvero unica che ha visto coinvolte più di 80 persone! L’idea del regista è stata proprio di “riprodurre” in video la tecnica che utilizzo nella scrittura dei miei brani, e cioè utilizzando la mia sola voce che, con la sovrapposizione di microcellule ritmiche ed armoniche, crea il brano stesso. Una tecnica che, ci tengo a ricordarlo, riesco a riprodurre anche nelle mie performance dal vivo senza l’ausilio di alcuna base preregistrata! Dal 23 aprile sarà possibile vedere il video clip ed ascoltare il brano collegandosi all’indirizzo www.borisinger.eu.



JC: Ma tornando alla mia domanda…


BS: Sto ultimando le limature finali del disco nuovo e sarà il successore del fortunato Insanology. Tornerò quindi ad esplorare il mio light side, la parte più melodica della mia produzione, dopo il capitolo Protoplasmic con il grande Elliott Sharp che mi ha permesso di esplorare le lande della sperimentazione più dura! Sono veramente “molto” eccitato pensando a Biocosmopolitan, lo trovo un album molto più maturo e completo di Insanology, al quale sono comunque ancora molto legato perché mi ha aperto davvero molte porte. Proprio in questi giorni, inoltre, sto discutendo con un grande jazzista italiano in merito ad una sua partecipazione in veste di ospite al lavoro ma al momento è tutto top secret!



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


BS: Mah, io vengo da una famiglia di musicisti. Tutti i miei parenti più stretti suonano, chi professionalmente e chi per pura passione. Sono cresciuto con la musica e con un sacco di strumenti musicali intorno che ho ovviamente strimpellato con violenza! I miei primi ricordi musicali, che hanno lasciato un inprinting profondo nel mio approccio alla musica, sono stati sin da subito molto diversi tra loro. Infatti, mentre mio papà ascoltava musica classica (il mio preferito sin da bambino era Beethoven), mio cugino mi faceva ascoltare i primi Ac/dc e quell’incredibile fenomeno che si era affacciato al rock in quegli anni (era quasi la fine degli anni Settanta) mister Eddie Van Halen verso l’adolescenza, poi, sono iniziati i primi ascolti jazz passaggio che è stato determinato dall’ascolto scioccante, per me bambino, della Rapsodia in Blu di Gershwin! Fantastica!!! Ma, ancora lo ricordo, il primo LP comprato con i miei soldi, in una gita di classe, seconda media, è stato un Greatest Hits dei Beatles che ancora conservo!!!



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un cantante jazz?


BS: Anzitutto grazie per il complimento (così lo sento) ma io non mi considero un cantante jazz… o meglio, se per cantante jazz intendi una persona che intende usare la propria voce come uno strumento e fa del processo improvvisativo un elemento essenziale del proprio “vivere musicale” allora si, mi considero un cantante jazz, ma non intendendolo come “esecutore vocale” di melodie della tradizione jazz..in quel senso non mi sento un cantante jazz! Se intendi jazz come libertà di espressione allora mi considero un cantante jazz, non nell’accezione convenzionale del termine! Se così fosse preferisco definirmi un “musicista vocale”. Ovviamente senza nulla togliere agli ottimi interpreti “classici” che ancora esistono, come per esempio il mio preferito di sempre: l’immenso Mark Murphy!!! Ecco, lui è, credo, il più sincero esempio di cantante jazz esistente



JC: Per te ha ancora un significato oggi la parola jazz?


BS: Se la si legge nell’accezione che indicavo sopra credo di si: mi fa “molta” paura, invece, quando si cerca di “cristallizarne” la forma! E’ un rischio che da sempre questa musica affronta; basta ricordare le pagine dell’autobiografia di Miles Davis quando si infervora (per non dire si incazza) contro quanti pretenderebbero da lui che continuasse a suonare e scrivere come vent’anni prima… e per fortuna che non li ha mai ascoltati, hai presente che patrimonio di musica ci saremmo persi???



JC: Ma allora cos’è per te il jazz?


BS: Per me il jazz è la possibilità di guardare ed andare oltre, la possibilità di sperimentare e sperimentarsi in qualcosa di NON predefinito, la possibilità di provare vere emozioni e di veicolarle agli ascoltatori. La necessità di confrontarsi, ogni giorno, con la propria creatività e scoprire che ogni giorno si può crescere un po’ e si possono scoprire suoni, ritmi, armonie nuove!



JC: Esistono un’identità maschile e una femminile nella musica jazz?


BS: Domanda difficile. Per come sono abituato a pensare trovo difficile dividere l’identità maschile da quella femminile. Trovo che ci siano uomini, non necessariamente omosessuali, che hanno moltissimi tratti femminili e viceversa. Lo stesso in musica e nel jazz. Certo è che la “storia” di questo genere ha spesso visto la donna in qualche modo “relegata” al ruolo di cantante, raramente in quello di “musicista” ma, forse proprio perché io sono un cantante, mi risulta difficile ragionare per generi. Ho conosciuto “musiciste” jazz straordinarie, sia dal punto di vista tecnico che di fraseggio.



JC: Perché hai scelto proprio la voce o il canto?


BS: Perché era la cosa che mi usciva meglio con minore fatica – ahahaha (ride) – a parte gli scherzi, dopo un inizio come pianista seguito allo studio della tromba (mio zio è insegnante classico) del basso e della batteria mi sono “scontrato” con lo strumento voce e mi sono trovato subito a mio agio, facendo mia la teoria di Demetrio Stratos secondo il quale gli strumenti musicali non sono altro che il tentativo di imitare la voce umana!



JC: Quali sono i tuoi riferimenti (strumentisti, cantanti, musicisti)?


BS: Dal punto di vista canoro senza dubbio Mark Murphy, di cui sono fan accanito sin dall’adolescenza (mi compravo i dischi dei Deep Purple, dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath e quelli di Mark: bella abbinata, non trovi? Sempre in tema di cantanti amo anche Bobby McFerrin, Demetrio Stratos, Diamanda Galas, Cathy Berberian; parlando di musicisti quella che definisco la “grande triade”, cioè Miles Davis, Jimi Hendrix e Frank Zappa. Ma io amo definire il mio approccio alla musica come “psicopatico”, nel senso che ho un enorme collezione di lp e cd e passo, senza soluzione di continuità, dalla melodia di Billy Joel (altro grandissimo) alle sperimentazioni di John Zorn (che adoro) Ornette Coleman e John Cage.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


BS: Si tende sempre a ricordare gli eventi più vicini, ma ne vorrei individuare quattro per me fondamentali: l’incontro con Mark Murphy, che è poi diventato mio maestro, mentore e carissimo amico (è mio testimone di nozze); l’uscita di Insanology, la mia prima vera fatica in discografica in solo; l’invito di John Zorn a suonare nel suo locale di New York City, il leggendario The Stone; il mio primo tour in Russia (a cui ne è seguito un altro a marzo di quest’anno).



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


BS: Amo collaborare con musicisti. Questa è la cosa principale. Amo collaborare con musicisti che mi stimolino nel processo creativo. L’incontro con Mark Murphy, l’aver potuto studiare con una leggenda vivente, aver ottenuto la sua sincera amicizia mi ha permesso di crescere tantissimo, sia dal punto di vista tecnico che da quello compositivo-creativo. Il desiderio di ricevere e ritrasmettere stimoli creativi è il motivo fondamentale per cui, dopo aver sentito alcune tracce demo, mi sono “precipitato” alla corte dei S.A.D.O., band strepitosa (di Paolo Baltaro) di cui mi onoro di essere il cantante e vocal noiser! Da questo punto di vista mi ritengo molto fortunato…



JC: Fortunato in che senso?


BS: Ho avuto la possibilità di collaborare con il grande Marc Ribot e di averlo in un mio disco (Insanology appunto), e questo mi ha permesso di conoscere ed incidere un intero disco con Elliott Sharp, uno dei miei prediletti da un sacco di anni. Il grande jazzista italiano di cui per il momento non posso svelare il nome, è un altro di quei musicisti con i quali ho sempre sognato di poter condividere la mia musica: sono ancora piuttosto giovane e spero veramente di poter vedere avverati altri miei sogni di collaborazioni!