Guido Michelone. Sincopato Tricolore.

Foto: Copertina del libro









Guido Michelone. Sincopato Tricolore.

Editore: Effequ


Il jazz italiano dal 1900 al 1960 è l’argomento trattato da Guido Michelone in Sincopato Tricolore: un volume piccolo – tascabile nel vero senso del termine – quanto efficace nello stabilire alcune coordinate e nell’attestare un metodo di lavoro.


La prima cosa da dire è che il libro di Michelone si pone come primo passo nel percorso di conoscenza del jazz italiano e soprattutto, sia per lo stile adottato che per la visione complessiva e multidisciplinare, si rende utile anche come prima tappa per chi non è totalmente inserito la faccenda jazzistica.


La scelta di costruire un percorso multidisciplinare – soprattutto in relazione alla musica classica e popolare eseguita e composta negli stessi tempi in Italia, ma anche con la letteratura e la critica musicale, con il cinema e la nascente televisione – porta a sottolineare in maniera costante, anche quando non esplicita, un principio semplice quanto spesso dimenticato in un’epoca di iperspecializzazione. L’arte non è un’isola e tra i compiti di chi si occupa di musica e, in generale, di cultura, c’è quello di operare e suscitare la sintesi tra le diverse forme, di assorbire le istanze del momento per tradurle in nuove forme.


Ovviamente il libro concentra in poco più di cento pagine sessant’anni di storia musicale del nostro paese ed è ricco di riferimenti e sapidi passaggi. Va da sé che ogni riga potrebbe essere esplosa in un relativo volume: la grazia di Sincopato Tricolore è nell’attraversare con profonda e proficua leggerezza il campo scelto e stimolare di continuo curiosità, interesse e riflessione. La connotazione complessiva del libro si completa con le interviste a tre personaggi variamente presenti nella storia del jazz delle origini e ancora attivi sulla scena nazionale come, in rigoroso ordine alfabetico, Franco Cerri, Giorgio Gaslini e Lino Patruno.


La penetrazione del jazz in Italia, come del resto negli altri paesi europei è avvenuta in maniera graduale e legata ad elementi contingenti. L’enfasi delle avanguardie futuriste per il nuovo, le chiusure imposte dall’autarchia fascista in Italia, la novità segnata dal ritmo sincopato e dall’elemento esotico sfruttata in modo vario dalle orchestre da ballo, la sempre maggiore consapevolezza dei compositori – primi fra tutti Gorni Kramer e Pippo Barzizza – a raccogliere il senso profondo dell’elemento jazzistico: l’avvicinamento tra Europa e jazz dura all’incirca sessant’anni, dai primi echi presenti sui giornali dell’epoca o riportati dai musicisti che lavorano sulle navi alle prime incisioni al termine degli anni dieci negli Stati Uniti e in Europa fino all’arrivo e alla stanza dell’esercito statunitense dopo la Seconda guerra mondiale. Michelone disegna la vitalità e la necessità di una vera e propria osmosi che, grazie alle costanti emigrazioni atlantiche e all’intraprendenza di musicisti e impresari, avvicina i vari elementi presenti nel jazz alle modalità musicali dell’Italia del primo novecento.


Il 1960 segna per l’Italia l’avvio del boom, il sogno della Dolce Vita, le Olimpiadi romane. Sono gli anni in cui, anche nel jazz si segna una svolta importante: la pubblicazione, in pochi mesi, di dischi come Kind of Blue e Free Jazz, Time out, Mingus Ah Um e Giant Steps; l’apertura di nuovi orizzonti stilistici e poetici, l’apertura cosciente soprattutto alle musiche delle diverse regioni del mondo e alle tradizioni colte. Il 1960 si pone, a posteriori, come uno spartiacque importante ed è anche in questo senso ben calibrata la scelta di concludere il libro all’alba di questa svolta: si intravede con il racconto di Gaslini e con l’apparire di Enrico Rava cosa accadrà di lì a poco, la maturazione importante e travolgente della scena italiana e di quelle europee.


La parte conclusiva del libro riporta – oltre alle già citate interviste a Cerri, Gaslini e Patruno – una bibliografia e una discografia dettagliata dei titoli apparsi in Italia, una scelta di brani – uno per ciascun anno, dal 1900 al 1959 – e una cronologia essenziale di fatti jazzistici accaduti in Italia e in Europa. Michelone, invece, segnala al termine di ogni capitolo un disco e un libro attraverso i quali approfondire i temi appena trattati.