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Slideshow. Cristina Zavalloni.
Jazz Convention: Cristina, ti consideri una cantante jazz?
Cristina Zavalloni: Sì, certo, lo sono.
JC: Che tipo di musica ascoltavi da bambina?
CZ: Ricordo di aver chiesto ai miei genitori di farmi ascoltare Il lago dei cigni di Cajkovskij, quando avevo circa otto anni e studiavo danza classica. Poi è venuta MTV e la scoperta della musica pop. E più tardi, quando avevo circa sedici anni, è arrivato il jazz con le cantanti come Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Joni Mitchell e tante altre…
JC: Tu però, oltre il jazz, canti anche la musica classica, soprattutto contemporanea. Cosa ti ha spinto veramente a fare jazz?
CZ: Forse è stato l’amore per un certo tipo di suono: le armonie moderne, il ritmo, l’improvvisazione. Tutto questo mi sembrava molto avventuroso, addirittura emozionante. I miei genitori non mi hanno mai portato a un teatro d’opera, né a un concerto e in generale, in casa, non vi erano dischi particolarmente interessanti. Mio padre è un musicista, e penso di essere cresciuta con le sue composizioni che suonava al pianoforte, dove è stato sicuramente influenzato da un certo jazz tranquillo, il cosiddetto mainstream. Ma, soprattutto, c’è stato un regalo: un Real Book, che ho avuto da un caro amico per il mio sedicesimo compleanno, che ha reso il tutto più facile, per me.
JC: I tuoi album rivelano un gusto molto particolare nel modo di fare jazz e nel suono della tua voce. Quali sono le tue preferenze musicali? Hai qualche modello di riferimento?
CZ: Io non sono sicura di sapere cosa si intende per modelli di riferimento. Comunque, riesco ad ascoltare un sacco di musica, di vario genere: jazz, brasiliana, classica, pop, folk, eccetera; credo che tutto quanto assorbo musicalmente contribuisca a creare tutte il stile e finisce poi che si rifletta nei CD che registro.
JC: Quali sono i musicisti con cui lavori che ami?
CZ: Resta sempre difficile per me ricordare o svelare i nomi specifici. Ma, in generale, ammiro il lavoro del musicista curioso e imprevedibile, spesso di talento, di mentalità aperta, magari anche inclassificabile, insomma le persone appassionate. Io tendo ad innamorarmi – artisticamente – di quelli che possono farmi tanto ridere quanto piangere.
JC: Infatti i musicisti che ti accompagnano negli album o ai concerti sono sempre molto validi. Comeli vedi sul piano artistico e ‘anche’ a un livello personale?
CZ: In poche parole sono sempre creature molto interessanti, su entrambi i livelli, direi!
JC: Tra i molti dischi che hai fatto, ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionata?
CZ: Il mio ultimo, naturalmente: Solidago.
JC: Parlando da cantante italiana, che viaggia molto per lavoro, come vedi, Cristina, la situazione del jazz nel mondo?
CZ: Semplicemente, il jazz sembra fare grandi cose, su tutto il Pianeta!
JC: Ma la parola jazz ha ancora un senso oggigiorno?
CZ: Sì, penso di sì. Da intendere come “un linguaggio molto flessibile, in grado di integrare diverse influenze e svariate sollecitazioni”. Una cosa simile – e una parola con questo nome – deve assolutamente esistere.
JC: Quali sono i tuoi progetti per il futuro in ambito musicale?
CZ: Sempre nuove collaborazioni, due debutti nell’opera, una nuova musica da danza che sarà prodotta in autunno, i concerti con la mia jazz band.