Stefano Cantini – Errante

Stefano Cantini - Errante

Egea Records – SCA 155 – 2010




Stefano Cantini: sassofoni

Fabrizio Bosso: tromba

Ramberto Ciammarughi: pianoforte

Michel Benita: contrabbasso

Manhu Roche: batteria






Un quintetto disegnato in maniera eccentrica, forte attenzione alle melodie e agli sviluppi che possono scaturire nelle improvvisazioni, apertura alle istanze attuali della musica, l’intenzione di attingere ad ambiti diversi per definire il proprio vocabolario.


Queste le coordinate di Errante, il nuovo lavoro di Stefano Cocco Cantini. Il sassofonista parte da alcuni punti sempre presenti nella sua poetica come la cantabilità del suono, l’idea di costruire il proprio mondo musicale senza esclusioni pregiudiziali ma accogliendo con grande discernimento e rigore elementi diversi. Se tale atteggiamento a tutta prima può apparire contraddittorio, la sua pratica, attraverso l’equilibrio e il gusto con cui viene condotta, diventa la cifra stilistica di un percorso distillato nel corso di pochi lavori – Cantini è musicista davvero parco nella quantità delle sue uscite discografiche, fatto che in un’epoca di grande sovraesposizione generale va sottolineato.


Se nel precedente L’amico del vento, l’elemento lirico e gli echi classici erano enfatizzati dalla presenza del quartetto d’archi, dall’assenza della ritmica e dal contributo portato da due musicisti come Lello Pareti e Rita Marcotulli, in Errante Cantini gioca con la composizione di un quintetto comprendente molte anime al suo interno. Come è ovvio, molto è lecito e poco sorprende nel jazz e, in generale, nella musica di oggi, ma l’accostamento dei cinque protagonisti del disco non è così scontato e denota anche il gusto e la ricerca di elementi diversi ai quali attingere durante la scrittura e l’esecuzione dei brani. Cantini, Bosso, Ciammarughi, Benita e Roche hanno spesso puntato in direzioni diverse nelle loro esperienze: la somma proposta dal leader tiene conto delle varie inclinazioni e della necessaria applicazione di ciascuno a tendere verso l’altro, per giungere a un linguaggio comune, totalmente acustico. Oltre, va da sé, alle riconosciute capacità tecniche e interpretative di tutti i musicisti coinvolti.


Il repertorio si compone perciò di cinque brani a firma di Cantini, due di Ciammarughi, uno di Benita e due canzoni – Blowin’ in the wind di Bob Dylan e Angela di Luigi Tenco. La scrittura e gli arrangiamenti dei brani diventano il luogo dove far convergere le tante possibilità espressive del quintetto, una scrittura che diventa spesso immaginifica, come nelle linee sinuose e altalenanti de Il corpo delle donne o nella dimensione sospesa de Il mio golfo, chiusura del disco, affidata a soprano, pianoforte e contrabbasso, dove si mescolano lirismo e forza, attitudine melodica e visione descrittiva. L’introduzione melodica e lo sviluppo crescente e circolare di Errante mettono in luce sin dall’apertura la concezione musicale di Cantini: senz’altro jazz, con tutto quello che implica in quanto a rispetto del linguaggio e delle sue tradizioni, ma aperto alle tante e diverse esperienze europee, alla possibilità di inserire accenti di diversa provenienza pur nella dimensione acustica del repertorio, alla possibilità di unire vigore e melodia.


Il percorso di Errante mantiene sempre l’equilibrio tra tutte le anime ed è forse questo a darne la chiave di lettura più importante: senza essere rivoluzionario e sapendo quanto sia facile cadere nel già sentito cercando di mostrare qualcosa di mai ascoltato, Cantini riesce a proporre un disco attuale, proprio grazie al suo equilibrio, personale e integro.