Barletta Jazz Festival

Foto: Roberto Cifarelli









Barletta Jazz Festival

Barletta, 14/17.7.2010


Giunto alla sua ottava edizione, il Barletta Jazz Festival è una manifestazione che fin dall’inizio ha ambito a diventare evento di spessore e qualità nel già interessante panorama delle rassegne jazzistiche pugliesi. Ideato dall’associazione culturale Played in Italy che ne ha curato la direzione artistica sin dall’inizio, il Festival ha fatto crescere esponenzialmente ogni anno la proposta musicale allargando le sue curiose maglie verso territori musicali sempre nuovi, unitamente agli spazi in cui far esibire gli artisti ospitati. Infatti alla consueta location della suggestiva arena del Castello Svevo di Barletta, si sono aggiunti quest’anno il Caffè con Vista e la Terrazza Club, creando una collocazione congeniale per ogni artista chiamato ad esibirsi. E’ toccato al trombettista americano Roy Hargrove tagliare il nastro di partenza, esibendosi alla testa del suo quintetto e proponendo la sua personale idea di hard bop. Il solismo di Hargrove è andato in crescendo ritagliandosi improvvisazioni misurate ed efficaci alternando il flicorno alla tromba con il quale ha disegnato immagini musicali di intenso lirismo soprattutto nelle ballad. Ad affiancarlo in prima linea, il sassofonista Justin Robinson, dal solismo quasi antitetico nelle sue logorroiche ed intense improvvisazioni, inversamente proporzionali al suo atteggiamento disteso e pacato sul palco, che hanno spesso innalzato la temperatura del concerto trascinando il resto del quintetto in un concitato dispiegamento di energie musicali.


Un’esibizione impeccabile e dall’acustica perfetta in cui anche la sezione ritmica si è messa in bella mostra grazie all’interessante ed inusuale pianismo di Jonathan Batiste e alla granitica assistenza ritmica del contrabbassista Ameen Saleem e del batterista Montez Coleman.


Eleganza, carisma e grande vocalità sono stati i protagonisti della seconda serata aperta dalla cantante Roberta Gambarini. Di origini italiane ma residente da diversi anni negli Stati Uniti, la vocalist è diventata nel giro di pochi anni uno dei punti di riferimento del jazz vocale di più alto livello al mondo. La sequenza di brani scelti e mirabilmente interpretati intreccia in modo intelligente quasi ottant’anni della migliore musica del secolo scorso. Accompagnando con esaustive presentazioni i brani, la Gambarini ha condotto il pubblico attraverso un percorso eterogeneo: iniziando da uno dei primi standards risalenti al lontano 1918, intitolato Poor Butterfly, si è proseguito per i classici del repertorio gershwiniano con Bessy, You is My Woman Now e I Loves You, Porgy, indirizzandolo ad un classico della Bossa Nova come No More Blues, versione inglese di Chega De Saudade, deviandolo verso gli evergreen Come Rain or Come Shinee On The Sunny Side of The Street e concludendo con due brani tratti dalla colonna sonora del film Nuovo Cinema Paradiso del nostro Ennio Morricone. La cantante ha deliziato la platea con un controllo totale delle dinamiche vocali riservando momenti di ineguagliabile improvvisazione attraverso la tecnica dello scat o riproducendo il suono di una tromba, fraseggiando in stile Chet Baker, su Estate di Bruno Martino.


La serata poi è proseguita alla Terrazza Club, albergo sulla litoranea cittadina, nella cui hall si è esibita Paola Arnesano e il suo quartetto composto da una sezione ritmica tra le migliori del territorio: Mirko Signorile al piano, Giorgio Vendola al contrabbasso e Fabio Accardi alla batteria, con il quale ha presentato la sua personale rivisitazione del songbook dei Police. Celebri brani come Roxanne, Walking on the Moon, o Message in a Bottle, rivestite per l’occasione con nuove soluzioni ritmico-armoniche, fino in alcuni casi a stravolgere completamente, come in Every Breath You Take, la loro struttura originaria, hanno rivissuto con classe e gusto nella calda serata barlettana.


Il giorno successivo è stata ancora la Terrazza Club a fare da sfondo all’esibizione di quella che è stata un po’ la sorpresa, l’incognita del programma del Festival. Acclamato da pubblico e critica e vincitore di diversi riconoscimenti nel suo paese, ma praticamente sconosciuto in Italia, il sassofonista svedese Jonas Kullhammar ha calcato il piccolo palco posto ai bordi della piscina dell’hotel, in compagnia del suo quartetto tutto scandinavo, con aria timida e humour inglese, sfoggiato durante la presentazione dei brani arricchiti da divertenti aneddoti, contrapposta all’energia hardboppistica e a tratti free della sua musica, con cui invece non ha scherzato affatto. Più influenzato dal jazz anni ’60 in stile Rollins, che cita come uno delle sue maggiori influenze, che dalle più moderne e influenti tendenze sonore provenienti dall’odierno territorio scandinavo, i brani suonati hanno mostrato una ritmica solida, accompagnati da improvvisazioni torrenziali e sentite, alternate ad un paio di ballad dalla struttura più moderna.


Un’esibizione nel più canonico e tradizionale schema tema-assolo-tema, invece, è stata quella, in chiusura del Festival, proposta dal chitarrista americano Peter Bernstein, coadiuvato da un quartetto di ottimi session men. Padrone di un fraseggio lineare, pulito e libero di scivolare all’interno di una serie di standards, il musicista è stato protagonista di un concerto in cui tutto è filato liscio come da programma ma in cui sarebbe stato gradito qualche guizzo di inedita sorpresa che avrebbe allontanato quell’aura di dorata, e un po’ prevedibile, classicità al tutto.


Presentare un’interessante combinazione di proposte musicali è stato anche quest’anno l’obiettivo principale del Barletta Jazz Festival, riuscendoci ancora e non deludendo chi cercava della buona musica come refrigerio per l’anima nelle calde notti estive.