Egea Records – SCA 145 – 2009
Cristina Zavalloni: voce
Stefano De Bonis: pianoforte, Fender Rhodes, organo Hammond, pianoforte preparato
Antonio Borghini: contrabbasso
Cristian Calcagnile: batteria
Andrea Rebaudengo: pianoforte
Un piccolo pianoforte giocattolo, una voce anticata, una melodia e dei versi celeberrimi, una composizione contemporanea: Solidago si apre così, sulle note incrociate di Quel che non si fa più, tratta dal repertorio di Charles Aznavour, e di Is a bell… a bell?, della compositrice Vanessa Lann. Sviluppo ed estensione del precedente Idea, la formazione ristretta al quartetto, senza ospiti, il repertorio abbraccia temi originali composti da Cristina Zavalloni, i brani scritti e resi celebri da Charles Aznavour e alcuni altri inserimenti.
Solidago segue il filo tracciato nelle prove precedentemente pubblicate dalla cantante: un gioco senza limiti stringenti dove le regole principali sono assegnate dalla possibilità, dalla volontà e dalla necessità di far convergere elementi musicali e interpretativi. Scrittura, ironia, sperimentazione, ritmo, attitudini retrò e inflessioni melodrammatiche colorano un percorso estremamente vario e chiuso dall’esecuzione in duo – con il pianoforte di Andrea Rebaudengo – di Que sera sera.
Il meccanismo sonoro di Solidago è reso possibile innanzitutto dalla versatile applicazione dei quattro musicisti e dalla loro lunga collaborazione. Escursioni libere quanto ragionate, equilibrismi, intenzioni divergenti intrecciate dalla voglia di percorrere repertori diversi e dalla capacità di conoscere – e far riconoscere – in ogni contesto il proprio stile. Va sottolineato, infatti, il modo rispettoso e paradossalmente “purista” con cui il quartetto entra all’interno dei diversi ambienti musicali: un’attitudine messa in evidenza dalle interpretazioni dei brani di Aznavour, ma anche dal confronto con il tradizionale rembetiko di Kaigomai – kaigomai. A seconda dei casi, il canone e la sintesi delle diverse intenzioni provocano passaggi repentini risolti in poche battute, vere e proprie parentesi espressive all’interno di un brano, oppure esplorazioni approfondite e sviluppate fino in fondo.
Nelle note di copertina, la cantante afferma di essere rimasta affascinata dall’atmosfera piacevolmente anni sessanta di molti brani di Aznavour, riscoperti nell’autunno del 2007: il percorso espresso nei brani presenti in Solidago, rivela una capacità di leggere ed entrare nelle pieghe emotive del repertorio di un altro interprete e darne una rivisitazione capace di portare a contatto tra loro risvolti e sonorità ogni volta differenti. Cristina Zavalloni riprende sette brani dal song-book di Aznavour – Io tra di voi, Si tu m’emportes, Vivre avec toi, Qui?, Quel che non si fa più, La mamma – senza stravolgerne le strutture, ma inserendo di continuo spunti al loro interno. La tensione e la concentrazione – sia dei musicisti che dell’ascoltatore – vengono tenute alte dalle potenzialità presenti in ogni interpretazione, dall’intimità di voce e pianoforte in Io tra di voi alle spire sperimentali del brano di apertura, dallo scanzonato beat di Si tu m’emportes alla melodrammaticità de La mamma: lo spettro delle possibilità viene attraversato in lungo e in largo, rispettando l’originale e trovando con naturalezza la chiave per la propria visione allo stesso tempo.
Il lavoro sui suoni dei quattro strumenti riflette lo stesso ragionamento. Le sperimentazioni sono date per bagaglio acquisito da applicare dove la musica lo richieda, dove le frammentazioni dei brani portano altrove rispetto alla linea del brano, quando serve un elemento di tensione o di sorpresa, ma sono sempre fortemente al servizio del brano e del tema. Zavalloni, De Bonis, Borghini e Calcagnile portano – senza lesinare in intensità e senza autocelebrarsi – nel disco capacità tecnica ed esperienza per rendere ogni traccia vitale e per rilanciare tutti gli input utilizzati.
Un discorso a parte merita la suite centrale, Solidago Compositum. Tre brani – Solidago, Kaigomai – kaigomai, Alarm will solidago – dall’identità tematica forte, affrontata secondo modalità diverse: l’andatura enfatica e incalzante del primo movimento cede il passo alla deriva tradizionale del rembetiko, adattato con eleganza e personalità alle necessità stilistiche della suite, per poi concludersi nella terza traccia in cui il brano viene rivisto secondo l’attitudine degli Alarm will sound, quella di far proprie e riciclare sonorità, che viene applicata attraverso la “revisione” delle proprie sperimentazioni sonore. E, anche dal punto di vista generale del disco, la coerenza e la coesione di Solidago Compositum conferiscono equilibrio all’incontro tra i brani di Aznavour e gli originali e permettono di distribuire il filo narrativo del disco, di accogliere e dare il giusto peso ai vari elementi inseriti in Solidago.