Lo swing e il Trio Lescano

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Lo swing e il Trio Lescano.

Riflessioni attorno a un libro e a un vocal group “autarchico”.


Ragazze e regine.


Scritto prima del copione della bella fiction televisiva – Le ragazze dello swing con la regia di Maurizio Zaccaro, andato in onda su Rai Uno in due puntate nell’ottobre 2010 – il libro di Gabriele Eschenazi Le regine dello swing. Il Trio Lescano: una storia tra cronaca e costume (Einaudi, Torino 2010, pagine 106, euro 12) è la ricostruzione della vita professionale, artistica e anche privata del Trio Lescano, forse il vocal group più celebre di tutti i tempi nell’evolversi della musica jazz e leggera in Italia: Tulipan, Maramao, Ciribiribin, Tornerai, Pinguino innamorato sono solo cinque arcinote fra le trentasei canzoni incise su 78 giri a nome del trio, mentre in altre trenta accompagnano interpreti allora famosissimi da Alberto Rabagliati a Ernesto Bonino, da Oscar carbonio al Quartetto Cetra, in un arco di tempo che va dal 1936 al 1942. Il libro, già a una prima lettura, è un testo che si rivela anzitutto opera puntigliosa, accattivante, persino esaustiva nonostante la scarsità di informazioni disponibili di prima e seconda mano. Le regine dello swing. di Eschenazi, cinquantaseienne giornalista milanese, tra l’altro esperto di Giudaismo (già autore di Ebrei invisibili nel 1995 per Mondadori) insomma ha le peculiarità di un’analisi storica rigorosa, grazie alle citazioni esplicite delle poche fonti reperibili, come qualche tardiva intervista o gli articoli sulle riviste dell’epoca come Oggi, Omnibus, Radiocorriere, Sette Giorni, Canzoniere della Radio (articoli peraltro anch’essi lacunosi o frivoli, visto che i quotidiani non si occupano di musica leggera, che era invece appannaggio dei magazine popolari di radio, cinema e spettacolo).



Sorelle olandesi.


Le olandesi sorelle Leschan, Alexandra (1910-1987), Judith (1913-2007), Kitty Leschan (1919-1965) – ribattezzate poi italianamente dal fascismo Alessandra, Giuditta e Caterinetta – giungono in Italia nel 1935, per via della precocissima attività circense, ma reinventandosi in breve tempo, per una serie di fortuite casualità, nel ruolo di cantanti: assumendo l’appellativo completo di Trio Vocale Sorelle Lescano (ma per tutti il Trio Lescano), s’affermano per circa sette-otto anni come grandi dive della canzone o musica popolare, fra radio, teatro e dischi, inventando lo swing all’italiana o il song jazzato o i ritmi sincopati, organizzando e riadattando dunque il loro stile, con entusiasmo e originalità, attorno ai grandi modelli statunitensi (Boswell Sisters ed Andrews Sistestes da un lato, big band, hot jazz e musical broadwaiano dall’altro). È però negli anni del Secondo Conflitto Mondiale, scoperta la loro identità ebraica da parte materna, benché ottengano in fretta la cittadinanza italica e il riconoscimento alla razza ariana, grazie a un’equivoca burocrazia, che per le tre Lescano comincia un inesorabile declino tanto veloce quanto inaspettato per un pubblico ancora desideroso di cantare o ballare con le loro melodie sfrenate. Per sfuggire ai nazisti, le tre con la madre si riparano nella casa di campagna della loro domestica a Valperga (vicino a Ivrea) poi a Saint Vincent (Valle d’Aosta) in una squallida pensioncina, senza dar nell’occhio, per non finire uccise ad Auschwitz (come purtroppo accadrà con tutta la loro parentela nei Paesi Bassi).



Il trio rimosso.


Nell’immediato dopoguerra il trio viene rimosso dallo show business nazionale per svariate ragioni: le Leschan non hanno un valido impresario (oggi promoter o manager) alle spalle; la musica cambia, nel senso che, dopo l’abboffata di boogie con le Forze Alleate, il jazz si intellettualizza, diventando prerogativa di alcune élites culturali (universitari, professionisti, discofili, eccetera) divise tra il dixieland revival e l’ormai maturo bebop. Ma anche nella musica popular e leggera le direttive dall’alto sono altre: accantonando, come nuovo vincente folclore, inni libertari e canti partigiani, il nuovo potere democristiano, finiti i governi unitari CLN, preferisce normalizzare a livello di mass media anche la situazione musical-culturale. Evitando, per le canzonette sia i rigurgiti fascisti sia le eccessive americanizzazioni del gusto collettivo, ecco che tornano di gran moda alcune forme edulcorate del belcantismo operistico con il successo della melodia tradizionale del nascente Festival di San Remo: Nilla Pizzi e Claudio Villa saranno in tal senso interpreti-emblema di tale restaurazione per oltre un decennio, prima che, in parallelo al boom economico, emerga un gusto moderno grazie a Modugno, Carosone, Buscaglione e i primi cantautori genovesi e lombardi.



Trio riformato.


Il Trio Lescano tuttavia non si dà per vinto, si riforma con Maria Bria (da Chivasso), la quale sostituisce la più giovane e risele Caterinetta, che pur era stata l’unica a tentare una carriera solista già nel 1941 (quattro pezzi registrati). l’inedita formazione passa inosservata, nel senso che il pubblico non si accorge dello scambio, avendo conosciuto e amato il trio soprattutto alla radio o sui dischi: le facce di Alexandra, Judith, Kitty non sono notissime, perché al cinema ad esempio le Leschan fanno una sola importante comparsa nel film mai più riproiettato Ecco la radio! (1940) di Giacomo Gentilomo sull’EIAR cantando Oh mamà. Le nuove Lescano dunque provano a lungo e cantano nei teatri di provincia per un paio d’anni, prima di spiccare il volo per il Sudamerica dove un impresario organizza per loro diverse tournée dall’Argentina al Venezuela. Il Trio Lescano vive quindi una seconda giovinezza tra il 1948 e il 1952, riproponendo il repertorio d’anteguerra spesso cantato in spagnolo con unanimi consensi soprattutto dalle folte comunità italiane d’Oltreoceano. Ma per svariati diverbi – non ultimo il mancato pagamento di tutti i cachet proprio alla Bria – il trio si separa bruscamente facendo perdere le tracce e ricominciando le singole esistenze con altri lavori, spesso umili e malpagati.



Misteri insoluti.


È solo nel 1985 che Natalia Aspesi (La Repubblica) e Luciano Verre (Gente) ritrovano Alexandra ormai povera e sciupata, sola in un bilocale a Fidenza, che acconsente a un paio di incontri che purtroppo non aggiungono nulla (come del resto il recente sceneggiato) a quanto già si sa (o si ignora) di loro. Resta ad esempio insoluto il mistero del loro presunto arresto a Genova prima di un concerto: avviene davvero? Se sì, quanto restano a Marassi? Due o tre giorni, uno o tre mesi? Il motivo è spionaggio o denuncia di musicisti rivali? Ma ciò che importa alla fine è che il Lescano resta un trio innovatore che verrà sempre e ancora ricordato nella storia del jazz e della canzonetta in Italia. In tal senso il cd antologico Jazz And Hot Singers In The 30s (Riviera Jazz Records, 2006) è lo strumento migliore per avvicinarsi al sound più autenticamente jazzistico del Trio Lescano. Sono infatti presenti i brani incisi a Torino fra il 19 marzo 1937 e il 30 giugno 1939, con l’Orchestra Cetra diretta dal M° Pippo Barzizza: Tulilem Blem Blu, È quel fox-trot, Ultimissime, Tuli-tuli-pan, La gelosia non è più di moda, Sei troppo piccola, Danza con me. Barzizza le dirigerà ancora nel 1942 in Ciribiribin, mentre tocca all’Orchestra da ballo dell’EIAR diretta da Cinico Angelina accompagnarle in St. Louis Blues (1939), forse il loro capolavoro: è proprio la St. Louis Blues di W. C. Handy portata al successo da Bessie Smith e ripresa da Louis Armstrong e tanti altri; e qui si ascolta la bravura nel vocalizzare, nel modulare, nel cambiare tempi e nell’improvvisare scat; Angelini incide pure Rimando in sol (1941, ma con la sola Caterinetta), mentre, contro le Lescano, i pezzi concorrenti più hot restano senza dubbio Non si può vivere senza l’amore e La signorina della Quinta Strada (entrambi Milano 1938) del Trio Vocale “Americano” Dunk’s Rhythm Sisters con l’Orchestra di Cosimo Di Ceglie.



Il repertorio oggi.


Oggi dopo decenni di oblio il repertorio del Trio è ripreso da Monica Sciolla, Marica Canavese, Dina Bessone del Trio L’è Strano di Busca Canavese (Torino): altri vocal group più famosi come ad esempio le Marinetti Sisters o le Blue Dolls (che tra l’altro doppiano le attrici quando cantano nel film) si allargano, nelle scelte, pure ad altri generi. Tuttavia in questo 2010 si contano ben dieci CD sull’argomento, ma forse il numero è destinato a salire, se si riuscisse a censire le produzioni autogestite o dilettantesche, ma spesso di un buon livello artistico. Però, dando una rapida scorsa ai dischi ufficiali – Kraner Project (renzo Ruggeri), I Prof dello Swing (Trio Radiomarelli), Edizione straordinaria (Voci di Corridoio), Farenheit (Larry Franco), Parlami Mariù (Lorenzo Gengeller), Django New Directions (Simone Guiducci), Mondo Cane (Mike Patton) e le antologie Django 100 Italia, Boom Boom Fred, Genova Jazz ’50 – si capisce come oggi in Italia esista una fitta schiera di musicisti (giovani e non) che non solo ricordano le imprese del Trio Lescano, ma hanno il coraggio, la passione, il desiderio, la forza di affrontare i repertori spesso genialoidi di musicisti genuini e innovatori autentici nell’Europa e nell’Italia tra la metà degli anni Trenta e l’inIzio dei Cinquanta, da Django Reinhardt a Gorni Kraner, dal Quartetto Cetra a Fred Buscaglione a molti altri ancora: artisti pure molto diversi fra loro, alcuni giunti fin quasi ai nostri giorni come longevità professionale, ma tutti con lo swing nel sangue per fare ciò che, come già detto, altro non è che song jazzata, jazz nostrano o sincopato tricolore.