Finnish Jazz. Intervista. Aki Rissanen

Foto: Maarit Kytoharju










Intervista a Aki Rissanen


Recensione a La Lumière Noire

Aki Rissanen è attualmente uno dei giovani pianisti finlandesi più richiesti nel suo paese ed all’estero. Formatosi stilisticamente tra classica e jazz e geograficamente tra Helsinki e Parigi, ha al suo attivo una nutrita serie di collaborazioni e tre dischi da leader. La Lumière Noire è il suo primo lavoro in piano solo.



Jazz Convention: Come ti presenteresti usando tre aggettivi?


Aki Rissanen: Temerario, tradizionalista e moderno.



JC: La Lumière Noire è il tuo primo disco in piano solo. Hai deciso di registrarlo durante alcune esibizioni dal vivo. Qual’è stato il tuo approccio mentale nel sederti di fronte agli 88 tasti in solitudine?


AR: Per me suonare in solo è sempre stato naturale. Non penso sia più impegnativo o difficile che suonare insieme ad altri. Improvviso sul pianoforte dall’età di sette anni e questo disco è l’inevitabile conclusione di questo processo. Sebbene ami suonare nelle band, mi piace trovarmi nella situazione in cui sono io ad essere l’unico responsabile della musica senza dover sentire il bisogno di comunicare con altri musicisti. Registrare questo disco dal vivo è stato semplicemente un esperimento per vedere quanto un pubblico avrebbe aggiunto quel “tocco” in più alla mia musica. Fortunatamente quell’elemento aggiunto c’è stato ed è possibile ascoltarlo in molti brani. Ho avuto la stupenda possibilità di poter documentare su disco e pubblicare questa fase della mia crescita musicale e di questo devo ringraziare la Ilma Records.



JC: La scelta di esibirti e registrare in sale per musica da camera è un segno dell’importanza che ha per te il suono?


AR: Sicuramente. Ho sempre apprezzato il suono caldo e rotondo di un piano classico ascoltato in sale dalla buona acustica. Ho sentito che la mia musica necessitava di questo tipo di approccio sonoro nonostante stilisticamente la mia visione musicale si pone tra la classica e il jazz. La mia concezione di suono viene da pianisti come Keith Jarrett, Bobo Stenson e Yaron Herman. Tuttavia oggi sto espandendo la mia tavolozza sonora attraverso diversi tipi di approccio quali il pianoforte preparato ed accorgimenti elettronici.



JC: In questo disco hai evitato le rivisitazioni di standards, scegliendo di concentrarti sulle tue composizioni originali. Com’è stato affidarsi esclusivamente alle proprie capacità compositive e di improvvisazione?


AR: Mi sono guardato allo specchio e chiesto quale fosse il tipo di musica che sentivo più vicino a me. Amo suonare gli standards appartenenti alla storia del jazz e non solo come infinita fonte di ispirazione ed insegnamento. Ho sentito però che in questo contesto, la mia musica era quello che faceva per me, perché viene direttamente dal mio cuore.



JC: È possibile distinguere delle influenze classiche nella tua musica, dovute ai tuoi primi studi musicali. Quando hai scoperto che questi elementi potevano convivere con l’improvvisazione jazzistica e come hai raggiunto il giusto equilibrio tra loro?


AR: Forse il mio è stato un approccio un po’ ingenuo ma non ho mai separato la classica, il jazz, il pop ed altre influenze musicali. Ho tratto le idee da stili diversi e lo ho introdotte nel mio modo di suonare, a volte anche per errore, e lentamente si sono trasformate nel mio personale modo di esprimermi. È un processo che ritengo ancora incompiuto e credo ci vorrà un’intera vita per portarlo a termine. L’importanza della musica del ventesimo secolo: Ravel, Debussy, Scriabin e Mompou, per citarne alcuni, è innegabilmente forte nella mia musica ed è per me fonte di ispirazione quotidiana.



JC: Il Conservatoire National Superieur di Parigi è stata una delle tappe del tuo percorso di studi fuori dalla Finlandia. La decisione di intitolare alcune composizioni in francese dimostra l’influenza che questo paese ha avuto per te. Quali differenze hai trovato tra il metodo d’insegnamento francese e quello finlandese?


AR: Per quella che è stata la mia esperienza, ho trovato che il metodo del Conservatorio francese fosse più sciolto e dava molta più libertà agli studenti; sebbene qualche volta abbia sentito la mancanza di un approccio più sistematico. Non saprei dire quale dei due sistemi funzioni meglio, ma credo che una combinazione di entrambi sarebbe la scelta perfetta. Aldilà di tutto, vivere a Parigi, immerso in una cultura nuova per un anno, è stata un’esperienza di vita importante.



JC: Qual è la lezione più importante che hai imparato sulla musica durante i tuoi anni di studio?


AR: Difficile sceglierne una. Ne citerei piuttosto un paio: per prima la tecnica appresa nelle scuole di stampo classico e l’apprendimento dell’idioma jazzistico alla Sibelius Academy. La seconda è stata l’incoraggiamento a ricercare la propria voce e la propria personalità musicale ricevute da maestri come Frank Carlberg, Jarmo Savolainen, Anders Jormin e John Taylor.



JC: Dalla grafica di copertina, alla scelta del titolo, fino alla musica stessa, l’ambivalenza tra luce ed oscurità sembra permeare l’intero disco. Qual’è il tuo rapporto con l’oscurità, che nella stagione invernale dura a lungo nel tuo paese natale, e con le luci, sul palco?


AR: Come molti sanno “La Lumière Noire” in francese significa “La Luce Nera”. In Fisica la luce nera è una luce ultravioletta, impossibile da distinguere ad occhio nudo, usata per rivelare dei dettagli, normalmente non visibili, da oggetti posti in condizioni adeguate. La scelta di questo titolo mi è sembrata una buona metafora dei concerti in solo. Trovarsi sotto la luce nera, così come suonare in solitudine, significa trovarsi in una situazione in cui ci si mette a nudo e tutti i dettagli, le capacità e i difetti si rivelano. Non c’è possibilità di nascondersi dietro altri musicisti.



JC: Quale saranno i prossimi passi del tuo percorso musicale?


AR: Attualmente sto suonando in una rappresentazione teatrale diretta da Kristian Smeds che si tiene al Finnish National Theater. L’opera, intitolata “Mr. Vertigo”, è tratta da un libro di Paul Auster e verrà replicata almeno per un altro anno. Nel frattempo continuerò a dedicarmi alla mia musica: sto già preparando la musica per il mio secondo disco in piano solo che sarà pubblicato ancora dalla Ilma Records e verrà pubblicato il prossimo anno. Nei mesi seguenti continuerò a tenere concerti con la band con cui ho inciso il disco “Beautiful Anxiety”. Inoltre sto registrando un nuovo disco con il trombettista Verneri Pohjola che uscirà per l’etichetta tedesca ACT la prossima primavera.



(Dedicato a T., che conosce bianco e nero, luce ed oscurità.)