Giannantonio De Vincenzo – I piedi nelle scarpe

Giannantonio De Vincenzo - I piedi nelle scarpe

Alfa Projects – AFPCD124 – 2010




Giannantonio De Vincenzo: sax soprano, clarinetto basso

Paolo Birro: pianoforte

Leo di Angilla: percussioni, live electronics

Quartetto d’archi di Venezia






Realizzare qualcosa di completamente nuovo nella musica di oggi è un’impresa ardua, se non impossibile. Sono state tentate tutte le strade percorribili – dal formalismo alle destrutturazioni al crossover alle riletture – e in ciascuna direzione sono state applicate tutte le possibili applicazioni dei vari strumenti a disposizione.


Fatta questa premessa, Giannantonio De Vincenzo realizza un lavoro, con l’apporto importante e partecipe di Paolo Birro e Leo di Angilla, intrigante, sfruttando forse l’unica chiave ancora rimasta per cercare strade, se non nuove, quantomeno rivolte verso direzioni differenti dalle solite. Vale a dire la sintesi tra esperienze e linguaggi diversi, operata, oltre tutto, con grande maturità – sia anagrafica che stilistica – e con l’attenzione costante ad utilizzare con equilibrio i vari elementi.


Al centro del ragionamento di De Vincenzo sono senz’altro l’utilizzo creativo dell’elettronica di Leo di Angilla, sia per quanto riguarda la ritmica che per il disegno delle atmosfere, e la concezione del materiale in cellule ben definite – siano di volta in volta riff, frasi ripetute, temi più articolati. Intorno a questi due capisaldi si innestano il linguaggio jazzistico di De Vincenzo e Birro, il riferimento classico del Quartetto d’archi di Venezia e il loro lavoro sugli arrangiamenti di Pietro Tonolo, Matteo Alfonso e Paolo Vianello, le derive etniche di alcuni passaggi e il gusto per la melodia. Da questi ingredienti De Vincenzo trae di continuo materia per la sua musica, fatta di accostamenti di strumenti, di dialoghi tra i vari musicisti, di passaggi repentini. La sintesi avviene per sedimentazione: De Vincenzo non piega alle esigenze della sua scrittura gli elementi ma lascia, piuttosto, che siano riconoscibili nell’incontro che scaturisce di volta in volta tra una base elettronica e la voce del sax, negli unisono di pianoforte e clarinetto o di clarinetto e soprano, nel confronto, spesso volutamente privo di mediazioni, tra suoni ancestrali, eurocolti e moderni.


L’aspetto che convince maggiormente ne I piedi nelle scarpe è proprio la scelta dei compagni di avventura. Se De Vincenzo rivela uno sguardo particolare nella composizione e nel disegno generale e grazie al contributo di Birro e di Angilla – oltre al suo intervento, naturalmente – che il lavoro riesce a prendere corpo e a non subire i rischi insiti in un’operazione simile, scollamenti, ripetitività, dispersioni. L’atteggiamento partecipe e maturo di tutti i protagonisti conferisce coerenza al percorso di De Vincenzo, sviluppa i brani senza perdere di vista i riferimenti logici e linguistici presenti. E anche quando gli strappi sono più bruschi la presenza di spirito conduce a una risoluzione, equilibrata e in poche battute, delle conflittualità.


L’idea di sintesi tra linguaggi diversi non è certo una novità, per tornare all’apertura, ma è sicuramente un buon segno la ricerca di una soluzione che metta in contatto – o collisione, se si vuole – musiche e attitudini diverse senza rigide compartimentazioni o steccati invalicabili per trarre una possibilità espressiva altra.