My Favorite Records – 8034135080103 – 2010
Pepe Ragonese: tromba
Giovanni Giorgi: batteria
Pancho Ragonese: piano
Giuseppe Pini: chitarra, chitarra elettrica
Ivan Lombardi: contrabbasso
Pacho Rossi: percussioni
Gigi Cifarelli: chitarra
Marco Vaggi: contrabbasso
Stefano Di Battista: sax soprano
Musica piacevole, a volte di facile ascolto, ma mai scontata. Costruita su trame di jazz e ramificata negli innumerevoli terreni delle musiche contemporanee. E’ il sound dei The Thrust. Ecco cosa hanno da dirci.
Jazz Convention: Chi sono i The Thrust e quando sono nati?
The Thrust: La band The Thrust nasce nel duemila dall’unione dei fratelli Pepe e Pancho Ragonese con Giovanni Giorgi. Il feeling e l’intento che ci hanno fatti incontrare nascevano dalla necessità di esplorare la musica a 360 gradi, in un percorso progettuale per le nostre idee/composizioni originali.
JC: Quali sono le vostre radici musicali? I vostri riferimenti?
TT: Domanda ampia e difficile da sintetizzare. Possiamo dire che per quanto riguarda me e Pancho l’ascolto di musica di ogni genere (recepita fin da quando eravamo bambini grazie a un ambiente familiare propositivo), ci ha permesso di avvicinarci al jazz, tradizionale e non, alla musica classica, al tango, al soul, al r&b ed al pop. Parlando poi di quelli che sono diventati i nostri “amori” musicali possiamo citare senza dubbio: Miles Davis (e la sua svolta elettrica!!!!), Chet Baker, Bill Evans, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Freddie Hubbard, Tom Harrell, Milton Nascimento, Pat Metheny, Korsakov, Micheal Jackson, Stevie Wonder, Prince e si potrebbe andare avanti a lungo! Per quanto riguarda Giovanni Giorgi il percorso da lui seguito è più o meno simile al nostro, con un’influenza più marcata per quanto riguarda il progressive e il jazz rock. I suoi miti sono Joni Mitchell, Bill Bruford, King Crimson, Weather Report e tanti altri.
JC: Little Wonder è il vostro secondo disco. Perché lo avete intitolato usando il nome dell’omonimo brano di David Bowie?
TT: Perché è bello esplorare ed approfondire il suono di quel brano. Trovare in esso la magia di una scoperta che può sempre emozionare e far gioire. Che può tirar fuori parti nascoste nell’animo di chi lo fa e di chi lo ascolta. La musica è una piccola ed immensa meraviglia! E’ un motivo in più per mescolare mondi diversi come il pop/rock (nel caso di Bowie e Little Wonder si parla di elettronica) e il jazz: il limite sta solo dove ciascuno lo pone!
JC: Quali sono le differenze rispetto al disco precedente, We Love U, pubblicato quattro anni fa?
TT: Nel primo album erano presenti, in prevalenza, elementi legati al mondo dal jazz/funk o del groove in generale. In Little Wonder, invece, c’è una ricerca compositiva ad ampio spettro, che unisce suoni e mondi dagli ampi orizzonti. In noi è maturata una vena melodica e la volontà di ricercare atmosfere al di la del mainstream, essendo anche più vecchi di quattro anni!
JC: La struttura portante del gruppo è il trio, ma in Little Wonder ci sono ospiti di tutto rilievo…
TT: Esatto, il trio base composto da tromba, piano, batteria (e molto altro in realtà), si avvale spesso di collaborazioni anche prestigiose: abbiamo suonato con musicisti del calibro di Linley Marthe, Dario Deidda, Emanuele Cisi, mentre su Little Wonder abbiamo con noi Stefano Di Battista (come nel precedente We Love U), Gigi Cifarelli, Marco Vaggi (sempre con noi anche nei live nel versante acustico di The Thrust), Giuseppe Pini, Ivan Lombardi e Pancho Rossi.
JC: La musica contenuta in Little Wonder spazia dal jazz, alla fusion, al funky, alla musica latina, all’ambient, al rock ed al pop. Come siete riusciti ad ottenere un vostro suono?
TT: Cercando di rielaborare tutti questi stimoli e influenze nella maniera più onesta nei confronti di noi stessi. Staccandoci dall’obbligo di attenerci ad un linguaggio in modo rigido. Tale approccio può non piacere ai più tradizionalisti e “puristi” in ambito strettamente jazzistico, ma a nostro parere la parola jazz ha in se una matrice di evoluzione e cambiamento. Chi ne crea una gabbia, vive la musica in una gabbia.
JC: I brani presenti nel disco sono otto. Tutti scritti in collettivo tranne la prima traccia, Little Wonder, che è di David Bowie. Quali sono i processi creativi che vi portano a comporre insieme?
TT: In realtà molti brani sono di uno o dell’altro ma, intervenendo tutti nella fase di arrangiamento e di evoluzione dei pezzi, abbiamo deciso di presentarli come composizioni a sei mani.
JC: Ci spieghi in poche parole titoli e contenuti delle vostre composizioni?
TT: Spesso sono semplici suggestioni, quasi comiche, che magari traggono ispirazione da una situazione legata al momento o luogo (Aspettando Isa o Via Avancini) del “concepimento”. Altre volte sono più profonde e riflessive (On My World, dedicata a Chet Baker, o nostalgia). Ismo e Che Gira derivano da slang e da nostri giochi di parole e di altri musicisti.
JC: Il futuro di The Thrust?
TT: Cercare di stare assieme il più possibile, allineati sull’idea che finora ci ha tenuti vivi: fare musica libera, con amore verso noi stessi e verso gli altri!