Francesco Branciamore Perfect Quintet – Keep up the dialogue

Francesco Branciamore Perfect Quintet - Keep up the dialogue

Caligola Records 2125 – 2010




Francesco Branciamore: batteria

Elio Amato: trombone, flicorno

Gaetano Cristofaro: clarinetto, sax tenore, sax soprano

Giorgio Occhipinti: pianoforte

Giuseppe Guarrella: contrabbasso







Non occorre ricordare come il jazz siciliano abbia trasceso da tempo le marginalità locali, e ben più di una manciata di suoi esponenti abbia guadagnato statura e voci solidamente trans-nazionali: Francesco Branciamore, batterista avvezzo alle migrazioni e ai confronti verso le più esigenti e sollecitanti scene europee, ha percorso almeno un duplice binario, convergendo con nomi forti del free quali Paul Rutherford, Guido Mazzon e Michel Godard nello scrutare e gettare i segni della “composizione istantanea” (termine da egli coniato e suo contributo operativo al filone), approfondendo dunque uno scenario post-free con il qui riproposto Perfect quartet, già forte di due lavori piano-less e completatosi adesso con il fedele pianista Giorgio Occhipinti.


“Volevo ritornare ad allargare il suono e gli ambiti compositivi introducendo il pianoforte, a questo si aggiunge l’utilizzo di un nuovo strumento da parte mia: lo xylophono. Il resto è venuto abbastanza spontaneamente. Privilegiando una scrittura che tenesse conto di più voci, considerando anche il polistrumentismo dei due fiati, ho lavorato tendendo a diversificare attraverso l’arrangiamento quanto più possibile il suono del quintetto, lavorando piramidalmente come nei duetti che anticipano l’esposizione tematica e lo sviluppo improvvisativo della composizione a sottolineare l’arco tensivo della melodia”.


“Tenendo alto il dialogo” spronando, moderando e miscelando il protagonismo delle voci, il contrappunto svincolato vibrafono-paino, lo sfarfallamento delle percussioni, le coralità insieme sbiadite e nervose del pur agile, compatto e idealmente “perfetto” ensemble captano i flussi mediterranei nelle sue tinte vivide e tengono alto un sentire continentale e aperto nelle strategie mutevoli delle sue meccaniche orchestrali. Uno spirito obliquo e danzante infonde ulteriore vitalità al quadro d’insieme con l’articolazione chiara e i colori vividi una tribalità infantile e da cartoon (ma nel senso più positivo) altro “segno” di un più estensivo, rinnovato “giocare con la musica” – le variazioni ritmiche, le notazioni di colore e i “lampi d’improvvisazione” forgiando una figurazione spesso caleidoscopica lungo i cinque movimenti ad elaborata costruzione.


Non meraviglia peraltro (e ci associamo) l’attenta e più che positiva ricezione critica verso quest’album in parte inaspettato e curioso, che conferma e ulteriormente accredita Branciamore quale jolly non solo della percussione ma anche di direzionalità e maniera.