Foto: Torben Huss
Pierre Dørge speaks.
Inside New Jungle Orchestra.
“So che l’Italia è un paese che vive e conosce il jazz. Ho incontrato sempre un pubblico molto entusiasta e ho collaborato con molti musicisti italiani nel corso degli anni: ho incontrato l’Instabile Orchestra in occasione di diversi festival europei, ho avuto modo di suonare con Gianluigi Trovesi e, infine, Achille Succi è stato membro della New Jungle Orchestra tra il 1998 e il 1999 e ha suonato sul nostro disco Giraf.” Alla vigilia del concerto che terrà a Milano con la New Jungle Orchestra e la presenza di un maestro del jazz radicale come John Tchicai, Pierre Dørge ci racconta il suo modo di concepire la musica e di portarla sui palchi di tutto il mondo: una musica assolutamente plurale, composta da influenze diverse e disparate e aperta a incontrare musicisti di ogni provenienza. “Ho sentito John suonare il bebop nel 1959, quando avevo 13 anni, e di nuovo l’ho ascoltato nel 1967 quando il suo gruppo Cadentia Nova Danica ha aperto il primo concerto di Frank Zappa a Copenaghen. Dal marzo 1969 ho iniziato a lavorare con lui in formazioni piccole e grandi. Nel 1977 abbiamo realizzato un album in trio con Niels Henning Ørsted Petersen – Real Tchicai – e più tardi, con lo stesso trio con Billy Hart alla batteria, abbiamo registrato Ballad round the left corner. È stato il mio guru musicale e abbiamo spessissimo in contesti diversi dal duo alla New Jungle Orchestra. È un musicista così creativo e intuitivo e sento di avere con lui una interazione spirituale molto sviluppata. E sono molto felice per il concerto che terremo con lui a Milano.”
La New Jungle Orchestra di Pierre Dørge è una band attiva dai primi anni ottanta, ben prima della definizione, della codificazione e della diffusione della world music. Una sintesi del tutto personale, una combinazione di libertà creativa, di generi musicali, di narrazione e di fulminei cambi di scena nel quale i musicisti sono, in pratica, attori e personaggi delle situazioni musicali create dal chitarrista. Dørge disegna in questo modo la sintesi della vasta gamma di influenze e suggestioni portate nella musica della New Jungle Orchestra. “Fin dall’inizio siamo stati influenzati da tutti i generi possibili della cosiddetta musica etnica, dall’Africa all’Arabia, dai Balcani a Bali e all’India. Sono interessato a queste musiche sin dagli anni ’60 e oggi sono diventate una parte del mio linguaggio musicale, insieme alle sonorità jungle di Ellington, lo stile di Ornette, la world music, la musica europea di oggi e del passato, la musica folk provenienti da tutto il mondo, il blues, il rock.” La filosofia musicale della New Jungle Orchestra è, però, coerente e immediatamente riconoscibile e passa anche attraverso il coinvolgimento totale dei musicisti e del pubblico e la forte coesione degli elementi portati dal chitarrista nel suo mondo sonoro. “Oggi sembra tutto molto naturale e spontaneo. La musica della New Jungle Orchestra proviene dalla mia testa: ho viaggiato, ricercato, indagato e raccolto elementi diversi nel corso di tutti questi anni e ora ho più musica nella mia testa di quanta io possa riuscire a suonare.”
“I brani si ispirano ai contrasti nella vostra vita quotidiana e nel mondo, dolori e gioie.” L’ambientazione esotica di molti brani, il lato narrativo, l’atmosfera felice dei concerti rende la musica divertente e significativo, leggero e profondo. “Quando compongo, comincio a scrivere la musica e poi – con maggiore o minore velocità a seconda dei casi – inizia a farsi strada nella mia mente una storia legata a quanto sto scrivendo.” A quel punto, sono diverse le ispirazioni che colorano i brani. “Ad esempio, per Whispering Elephants l’idea è venuta dall’utilizzo dei suoni ariosi, dai sussurri degli strumenti a fiato, mentre per un brano come Munzun Mun è stato ispirato da un film di Bollywood: una volta formalizzata l’idea di ricreare il suono delle diverse strade di Hanoi, ho iniziato a immaginare i grandi boulevard pieni di traffico per poi addentrarmi nelle piccole vie laterali, con il suono dei campanelli delle biciclette.”
Il coinvolgimento dei musicisti si ritrova anche nel fatto che molti di loro siano presenti nella band per lunghi periodi. Questo rende il suono compatto sia per quanto riguarda l’aspetto stilistico e meramente musicale che per la condivisione profonda delle intenzioni del gruppo. “Tutti i musicisti della New Jungle Orchestra devono avere qualcosa di speciale ma, soprattutto, è molto importante la presenza, la sensazione di essere coinvolti nel processo creativo della musica, in questo preciso momento. Conoscono alcune delle norme segrete del gruppo: sono consapevoli dell’accento sonoro della Jungle (Dørge intende, allo stesso tempo, sia il nome del gruppo che lo stile musicale – n.d.t.); amano suonare nello stile di Ellington ma contaminandolo con i rumori del traffico, una giungla d’asfalto che si trasforma nei versi degli animali della giungla; la capacità di passare da momenti dove prevale la composizione rigorosa a momenti di libera improvvisazione, attraverso paesaggi sonori ed espressivi caotici, dalla tristezza alla felicità, dall’umorismo alla passione grave.” Per fare questo Dørge ha costruito la formazione secondo una particolare line-up con due strumenti armonici, una ricca sezione ritmica e una variopinta sezione fiati vari. “All’inizio, nel 1980, mi sono ispirato all’Arca di Noè: una coppia di ogni animale e così abbiamo avuto due batteristi, due bassisti, due tastiere, due tromboni, due trombe, due chitarre. Oggi tendo a dare maggiore importanza ad ogni singolo musicista, nel senso che per me la persona è più importante dello strumento e, di conseguenza, nella mia idea ha grande rilievo la vita sociale del gruppo. Ma, naturalmente, ci deve essere una sezione ritmica e una sezione di fiati. L’orchestra è una scuola eterna, una piattaforma dove si possono scoprire nuovi paesaggi, fantasie, dove si possa continuare a giocare come bambini ed essere curiosi”
Nel corso degli anni, sono stati moltissimi i musicisti che hanno suonato insieme alla New Jungle Orchestra. La filosofia della band permette un rapporto pressoché immediato con musicisti provenienti da percorsi estremamente diversi. “Molti sono stati semplicemente solisti – come Yusef Lateef, Jim Pepper, Sainkho Namthylack, Davis Murray, Han Bennink e John Tchicai, naturalmente. In diversi casi, hanno sostituito gli altri animali della giungla: alcuni sono stati una cometa di passaggio e molti hanno fatto avanzare il suono e il percorso della formazione.”