Intakt Records – CD 186 – 2010
Pierre Favre: batteria, percussioni
Claudio Puntin: clarinetto, clarino basso
Samuel Blaser: trombone
Philipp Schaufelberger: chitarra
Beat Hofstetter: sax soprano
Sascha Armbruster: sax alto
Andrea Formenti: sax tenore
Beat Kappeler: sax baritono
Wolfgang Zwiauer: chitarra basso
Bänz Oester: contrabbasso
Il terremoto del movimento free e le sue scosse lambirono con rapidità le rive del vecchio continente trovandovi sensibili e ricettivi interpreti, e per quanto attiene al mondo della percussione una triade di punta poté da allora essere identificata nel nostro (e oggi più raramente espresso) Andrea Centazzo, nel britannico Paul Lytton e nell’elvetico Pierre Favre. Quest’ultimo ha esplicitato una gamma d’interessi aprendosi con curiosità a partnerships di omologhi di differente estrazione (si pensi al collettivo Singing Drums) e alle istanze del contemporaneo (Arvo Pärt etc.) rimanendo tutt’ora un protagonista di un free anche diversamente inteso e costruttivista. Appena compiute due interessanti incisioni in duo con due giovanissimi solisti (Albatros e Vol à voile, rispettivamente con il chitarrista Philipp Schlaufelberger e il trombonista Samuel Blaser) riunisce, ancora per la notevole Intakt Records, oltre a questi ultimi una sua orchestra per ordire una personale musica a programma.
Ispirato al tema del viaggio (come già, sempre per Intakt, il duo-choc Takase-Sclavis in Yokohama, 2009) Le Voyage arruola, sfruttando la leva dell’ultimissima generazione, una ciurma disciplinata e attenta. Ben schierati sul ponte, gli impeti scultorei del ben composto quartetto di fiati che, se timbricamente muta le morfologie da funerea e russante brass-band a slanci antifonali e organistici, è di fatto un piccolo e vivace parlamento che ispessisce in controcanto le linee dei solisti sfruttando in molti passaggi soluzioni mutuate dal camerismo novecentesco, configurando figure emergenti con rapidità e pronte alla dissoluzione senza mai ricorrere a gratuita effettistica. Il trombone avoca a sé un ruolo di faro, sia pure capriccioso, dai lunghi e discorsivi fasci e il percorso è tracciato dai timonieri alla chitarra e al clarinetto (quest’ultimo impersonato dal già noto Claudio Puntin) che con estro tendono alla virata senza comunque perdere la bussola dell’armonia e il senso dell’onda compositiva.
Pescando entro un oceano di spunti tematici disparati (dal mantra buddhista alla cantilena mitteleuropea), l’ itinerario tocca isole di tenebra e mistero (Attila, es-tu là?) e l’ampia esposizione alle scogliere della dissonanza offre però una traversata che tocca squarci paesaggistici suggestivi, sia pur di breve apparizione; la declamazione si fa alta nei “tutti” solenni e concentrati, l’esperto nocchiero Favre rinuncia al protagonismo operando spesso da legante discreto alla band scandendone le frasi con la percussione felina e scintillante, concedendosi un articolato solo dai colori esotici (l’esperienza unicamente auditiva fa perdere la coreografica panoplia delle sue architettoniche batterie), ma non del tutto paradossalmente il diario di bordo si conclude entro un’estetica composta e una dinamica tendenzialmente quieta e riflessiva ma non per questo piatta.
Consideriamoci ulteriormente graziati da Intakt Records, con poca sorpresa circa la solida qualità degli ormai molteplici appuntamenti e della non magra scuderia di talenti (già piuttosto corposo il carnet – da Trio 3 a Barry Guy, Irène Schweizer, Fred Frith etc etc), e che annovera almeno due gemme degne di assoluta attenzione quali il poderoso live-box dedicato a Thelonious Monk (Monk’s Casino, 2005) nonché la recentissima e toccante proposta dell’ultimo concerto di uno Steve Lacy uscente dalla scena vitale (November, 2010) e che continua a fissare su standard assai elevati cure produttive e spessori performanti.