CAM Jazz – CAMJ7836-2 – 2011
Giovanni Guidi: pianoforte
Gianluca Petrella: trombone
Michael Blake: sax tenore
Thomas Morgan: contrabbasso
Gerald Cleaver: batteria
We don’t live here anymore è un disco decisamente attento alle melodie, pur mantenendo lo sguardo sulla libertà armonica e sugli incroci timbrici. Giovanni Guidi porta nel disco spunti introspettivi – come ad esempio in Dess, brano di apertura, o nel tema che da il titolo al lavoro – e spazi rarefatti – come nell’introduzione di She could tell they were friends affidata al dialogo pacato tra trombone e pianoforte. Anche nei momenti più frenetici, liberi o incalzanti rimane spesso una linea ostinata affidata alla ritmica o eseguita dal pianoforte a segnare lo sviluppo del materiale da parte dei cinque musicisti.
In questo modo emerge così il lato narrativo di un lavoro dalle atmosfere lievemente malinconiche, costruito con l’intenzione di disegnare situazioni espressive e quadri sonori. Le esplosioni più radicali si pongono all’interno di un meccanismo congegnato in modo tale da renderle funzionali proprio ai momenti più contenuti, per esaltarne il sapore riflessivo, rivelatore delle intenzioni di Guidi, riportate dal titolo del lavoro e dalle note nel booklet. In un territorio intermedio e ben integrato nel concetto del disco si colloca anche un brano dallo swing incalzante e ricorsivo come Begatto Kitchen, in cui trombone e sassofono si rincorrono in un dialogo serrato,
Sono diversi i passaggi in cui Guidi cerca il dialogo con gli altri suoi compagni di avventura: introduzioni e passaggi affidati al pianoforte e, a turno, da uno degli altri musicisti. Attraverso questi momenti si sviluppa la punteggiatura del disco, vengono stabiliti in modo esplicito i temi e i riferimenti da seguire nelle improvvisazioni collettive e nei passaggi più fluidi, sono i punti a cui il quintetto torna dopo essersi lasciato trasportare verso le derive più furiose.
E’ una scelta narrativa e, in qualche maniera, non convenzionale che viene riassunta nel lungo dialogo tra pianoforte e contrabbasso dell’ultimo brano, In pursuit of silence: fuori da schemi di genere, ancorato alla melodia, suggestivo e dall’incedere lento, il brano si snoda tra sospensioni liriche e spazi ampi.