Foto: Michelangelo Felicetti
Louis Armstrong and Ella Fitzgerald reimagination
Nicholas Payton Quintet @ Itinerari Jazz
Trento, Itinerari Jazz – 5.4.2011.
Nicholas Payton: tromba, voce
Johnaye Kendrick: voce
Lawrence Fields : pianoforte, Rhodes
Kris Funn: contrabbasso
Ulysses Owens: batteria
Immaginare New Orleans, re-immaginare la sua New Orleans e rivivere la magia della voce di Ella e del grande Satchmo. Una scommessa senza dubbio ambiziosa quella portata da Nicholas Payton sul palco degli Itinerari Jazz 2011 di Trento, con il progetto dal titolo “Louis Armstrong and Ella Fitzgerald reimagination”. D’altronde, è se si punta in alto che si raggiungono traguardi di prestigio, e si arriva al cuore di chi ti ascolta.
Payton, classe 1973, è cresciuto in una famiglia dove la musica è sempre stata pane quotidiano in tavola, e questo lo sa bene. Si è presentato a Trento non da solo, ma con un quintetto composto dal pianoforte di Lawrence Fields, dal contrabbasso di Kris Funn, dalla batteria di Ulysses Owens e dalla voce di Johnaye Kendrick. Fin da subito è apparso chiaro l’intento del trombettista, compositore e band leader statunitense, ovvero ricordare e onorare la storia di chi il jazz lo ha creato e divulgato al mondo, ma farlo con lo sguardo e … l’orecchio orientato al presente e al futuro.
Circa venti anni fa Payton venne salutato da pubblico e critica come tradizionalista dalla tecnica cristallina e dall’estro sopraffino, molto vicino a Wynton Marsalis, si diceva. Ben presto, tuttavia, gli angoli e le prospettive hanno cominciato a mutare ed allargarsi, perchè uno come Payton non lo si può etichettare tanto facilmente. Il jazz, quello della tradizione, gli scorre nelle vene ad alta velocità, e questo non lo si può certo negare, ma le contaminazioni e le re-immaginazioni sono altrettanto forti, macchiate di funk, pop e, perchè no, rock.
Sul palco dell’Auditorium S. Chiara di Trento, Payton e i suoi plasmano nuova materia sonora e lo fanno con la piena consapevolezza di chi conosce l’argomento in maniera decisamente accurata. Elegante e mai ostentata, la tromba di Payton si amalgama al tocco morbido di un Fields ispirato, sia al pianoforte che al Rhodes, dove riesce a raccontare le leggende del jazz in chiave moderna e funky. A dargli corda sono poi i compagni di palco Funn e Owens, i quali non risparmiano solos e variazioni che colleghi e pubblico apprezzano divertiti. Si spazia dal repertorio sia di Armstrong che della Fitzgerald, con qualche interpretazione “fuori programma”, come Straight no chaser di Thelonius Monk o alcuni brani originali di Payton.
A tutto ciò, si unisce la voce morbida e suadente della giovane Kendrick, che dipinge melodie di grande fascino, spesso duettando anche con lo stesso Payton. Alla mente non possono che tornare (sempre con un pò di re-immaginazione) i duetti tra Ella e Louis con la coppia Payton-Kendrick che dimostrano una buona intesa, anche se il trentasettenne trombettista lo si apprezza maggiormente nei momenti strumentali.
Di grande intensità e pathos sono anche i numerosi momenti di dialogo tra il Rhodes di Fields, la tromba in sordina di Payton e la voce appena sussurrata, ma sempre comunque impeccabile, della Kendrick che – unico rammarico forse di tutta la serata – avrebbe meritato maggior spazio nel disegno complessivo di questa re-imagination.
Luci sul palco e in sala, applausi spontanei del pubblico dell’auditorium di Trento che si allontana fischiettando un ultimo refrain di Satchmo, dopo aver immaginato e reimmaginato la storia del jazz insieme a Payton e alla sua talentuosa band.