Foto: Angela Bartolo
Slideshow. Lele Di Mitri.
Jazz Convention: Lele, quando hai iniziato con la musica?
Lele Di Mitri: Direi che ho cominciato molto presto grazie a un papà con la passione per la fisarmonica e grazie al primo giradischi fonovaligia regalatomi da lui e con cui ho iniziato ad ascoltare ad appena tre anni, i 45 giri di Rita Pavone e Sandie Show la cantante scalza… era il 1966…
JC: Ma le ragioni che ti hanno spinto ad avvicinarti al mondo della musica jazz?
LDM: Non ci sono dei motivi veri e propri, ci sono arrivato quasi naturalmente, come fosse una sorta di evoluzione spontanea. Direi meglio che ho raggiunto con gli anni, la tanta gavetta e la costante ricerca di un suono che sentissi più in sintonia con me, una maturità musicale che mi ha portato ad esprimermi bene con questo sound, poi un po’ mi ha indotto anche lo studio della batteria con un maestro del jazz come Salvatore Tranchini, a cui devo tanto sia in termini di approccio e di tecnica dello strumento, sia in termini di cultura del jazz.
JC: Quando esattamente è scoccata la scintilla per il jazz?
LDM: La scintilla più che con i dischi è scoccata ascoltando il jazz dal vivo, in un locale storico che esisteva a Napoli, l’Otto Jazz Club, nato dall’idea di un dj amante del jazz che oggi purtroppo non è più tra noi: Enzo Lucci. Li ho trascorso la maggior parte delle mie serate da ventenne, con gli amici, ma spesso anche da solo. In particolare ricordo il maestro Antonio Golino (padre del batterista Alfredo Golino) che suonava quasi tutte le sere in trio o quartetto jazz, ed il suono della sua batteria Gretsch mi catturava a tal punto da farmi venire la pelle d’oca, e capirete che emozionarsi così quasi tutte le sere è un gran bel vivere…
JC: Ti sei specializzato come dj-jazz. Cosa fai ascoltare?
LDM: In consolle amo suonare in generala tutto il jazz che accompagna bene e che abbia un sound gradevole, allegro e non troppo difficile o astratto. I primi dischi che mi hanno catturato sono stati sicuramente i dischi di Miles Davis, Thelonious Monk, Dexter Gordon, Gerry Mulligan, Sonny Rollins, Steve Lacy, ma anche batteristi come Joe Morello, Philly Joe lones, Steve Gadd, Jack De Johnnette, Roberto Gatto e ovviamente Salvatore Tranchini!
JC: Un momento clou della tua carriera?
LDM: Sicuramente quando c’è stato l’incontro con Filippo Prada del Bhangrabar nel 2006. Da allora infatti siamo partiti con quest’idea di proporre un happy hour jazz che spaziasse dal jazz classico al nu-jazz dall’elettronico al latin jazz. Siamo stati i primi a Milano ed il tempo ci ha dato ragione, basti vedere in quanti adesso seguono questa scia e propongono questo tipo d’intrattenimento dell’aperitivo in jazz. Come si suole dire quando qualcuno ci azzecca, tutti gli vanno dietro.
JC: Cos’è il jazz per te?
LDM: Questa è una bella domanda… Mah, definirei il jazz non proprio come un genere musicale, ma come la vera forma d’arte applicata al suono!!!
JC: E il jazz sotto un profilo filosofico?
LDM: Idee, concetti e sentimenti si possono racchiudere in una sola frase che disse il grande Alan Dawson maestro di batteria al Berklee School, e che spesso mi ha ripetuto a sua volta il mio maestro: io lascio semplicemente che la musica mi attraversi; e questo a mio modesto avviso fa capire tutto del jazz, questo meraviglioso dono che è l’arte del comporre in tempo reale e che soltanto i jazzisti possiedono veramente.
JC: Presente e futuro del jazz: come li vedi?
LDM: Vedo bene sia il presente che il futuro della musica jazz. Intanto le rassegne ed i vari festival che si organizzano, specie in Italia, sono in fase di crescita e questo certamente, per fortuna, sostiene non poco un universo culturale a mio avviso, veramente vastissimo ed inesauribile.
JC: Tuoi progetti per il futuro?
LDM: I progetti sono tanti, dal riprendere a fare radio (mi candido per provini)a quello di arrivare a produrre qualcosa di bello come hanno fatto i grandi jazz addicted come Nicola Conte, Gerardo Frisina e Fabio Nobile. Poi mi sta molto a cuore continuare a supportare Atina Jazz Festival che quest’anno per la prima volta grazie al patron Maurizio Ghini, mi ha aperto le porte, consentendomi di portare il jazz dj set al dopo concerto di Dee Dee Bridgewater. Poi a breve spero di riuscire finalmente a realizzare una compilation jazz “bella tosta”, da mettere in vendita ad un prezzo molto popolare, sempre per la diffusione della cultura del jazz e soprattutto del bel sound raffinato ed elegante: spero proprio di riuscire…
JC: Considerazioni finali?
LDM: Aggiungo un personale auspicio per tutti noi addetti ed amanti del jazz: di incontrare sempre persone sensibili a questa forma d’arte, disposte a divulgare questa cultura, senza sacrificarla sull’altare del business fine a se stesso, fenomeno purtroppo abbastanza frequente nel mondo dell’intrattenimento.