Trio Rope @ Zingarò Jazz Club, Faenza

Foto: da internet





Trio Rope @ Zingarò Jazz Club

Faenza, Zingarò Jazz Club – 30.3.2011

Fabrizio Puglisi: pianoforte

Stefanno Senni: contrabbasso

Zeno De Rossi: batteria


Il Trio Rope rappresenta una delle esperienze più interessanti nel piano trio in Italia degli ultimi anni. È pleonastico osservare preventivamente che non si può parlare di ridefinizione e, ancor peggio, di rivoluzione senza esser fuorvianti o esagerati: è altrettanto fuori dubbio come Fabrizio Puglisi, Stefano Senni e Zeno De Rossi pongano le basi per un ragionamento maturo e non banale su una delle formazioni più presenti e radicate nel jazz.


Innanzitutto il repertorio. Messi al bando gli standard – in particolare quei brani divenuti con il passare del tempo il repertorio consolidato di moltissimi trii – e abbandonata la deriva neoclassica, i tre ripartono dalle origini del jazz. Nei due dischi prodotti e nel concerto di Faenza infatti si parte da Jelly Roll Morton e si arriva fino a Thelonious Monk per saltare in maniera repentina alle soluzioni europee di ricerca, a un musicista quanto mai contemporaneo come John Zorn e alle composizioni originali.


La gestione orizzontale del trio proietta con forza nella musica l’espressione corale dei tre, senza rinunciare alle personalità dei singoli. Ne viene fuori una formazione energica, capace di lunghe e sensate improvvisazioni collettive, capace di lavorare sui suoni – dall’utilizzo diretto delle corde del pianoforte alle percussioni utilizzate da De Rossi – per andare nota dopo nota verso la propria definizione di piano trio.


Puglisi è un pianista di spessore e capacità interpretativa, pirotecnico e delicato in grado di tirar fuori sempre nuova linfa dal pianoforte. La ritmica formata da Senni e De Rossi è affiatata e solida, sempre pronta a diventare protagonista all’occorrenza, altrettanto capace di sostenere le improvvisazione e gli slanci del solista.


Monk è il discrimine scelto dal trio come riferimento. Le sue soluzioni sghembe e il richiamo profondo allo stride piano, la sua propulsione ritmica e la natura ancestrale del suo stile. La connessione del pianismo di Monk con le origini del jazz è estremamente evidente, la sua genialità e l’esplorazione solitaria di soluzioni pianistiche nuove lo hanno reso un artista moderno e visionario.


Certo, come si notava in apertura, dire qualcosa di non ancora ascoltato oggi, per di più per mezzo di una formazione che ha avuto così tante interpretazioni, potrebbe essere quasi velleitario. Il trio dirige la propria rotta alla ricerca di una sintesi tra radici del jazz e sensibilità moderna, tra il punto di partenza e la visione personale, senza le mediazioni di un vocabolario espressivo reso sterile da un utilizzo spesso non consapevole.


Nei giorni seguenti al concerto, il pianista ha tenuto un seminario sulla musica di Monk, organizzato dallo Zingarò Jazz Club e dalla Scuola di Musica Sarti, culminato nel concerto tenuto alla Scuola Sarti della big band formata dai musicisti e dai cantanti partecipanti al corso.