Fulvio Sigurtà  – House of Cards

Fulvio Sigurtà - House of Cards

CAMJazz – Code: CAMJ 3309-2 – 2011




Fulvio Sigurtà: tromba

James Allsopp: sax tenore, clarinetto basso

Federico Casagrande: chitarra elettrica

Riaan Vosloo: contrabbasso

Timothy Giles: batteria






Fare un castello di carte è un gioco delicato: servono pazienza ed equilibrio, metodo e una certa predisposizione al rischio, a mettere in gioco con ogni mossa, tutta la struttura. Il disco realizzato da Fulvio Sigurtà tiene fede al proprio titolo e sviluppa con grande scorrevolezza nelle undici tracce un discorso articolato e capace di dare risalto alla scrittura e alla propensione melodica del leader, alla “chimica” del gruppo e le qualità dei singoli.


Nelle undici tracce di House of cards, si confrontano tensioni ed atmosfere diverse: un repertorio ampio per direzioni e impostazioni stilistiche, spesso accostate in composizioni articolate. I brani si animano di introduzioni libere e passi di tango, swing e aperture contemporanee, riflessi classici e ritmi più trascinanti: da sottolineare come i passaggi avvengono con matura e consapevole disinvoltura, con la coerenza di fondo data dalla voce del quintetto.


Ed è, infatti, questo il punto centrale del disco. Una formazione di musicisti giovani, residenti tra Londra e Parigi; un quintetto colorato dalla presenza del clarinetto basso e della chitarra visionaria di Federico Casagrande; l’attitudine del jazzista di oggi ad essere, allo stesso tempo, fruitore e attore di un processo di ridefinizione delle regole del gioco. Le tante suggestioni convergenti negli ascolti, prima, e nel modo di suonare dei musicisti diventano il collante per la costruzione dei brani e il punto di incontro per far scaturire l’interplay. Nella griglia predisposta dal trombettista si mescolano sonorità, accenti e attitudini provenienti da stagioni diverse del jazz: in questo modo i cinque possono lasciar interagire, con estrema fluidità, l’amore per la tradizione con gli interventi sul suono del proprio strumento e l’utilizzo, delicato e coloristico, dell’elettronica.


House of cards aggiunge ad ogni ascolto particolari e possibilità di lettura. Sigurtà stratifica i diversi elementi e aspetta con pazienza la reazione scaturita dall’incontro: i brani – e, in realtà, tutto il disco – hanno un andamento ampio e, va da sé, non potrebbe che essere così. Un dialogo sostenuto e stimolato anche dal lavoro egregio di Federico Casagrande, punto di equilibrio mobile della formazione, capace di gestire l’aspetto armonico, di confrontarsi sia con una sezione ritmica solida e rigorosa che con le voci dei solisti ed è, soprattutto, in grado di cogliere e rilanciare con scelte di suoni sempre ben calibrate e intriganti le atmosfere dei brani e i cambi di direzione intrapresi dalla musica.


La melodia, infine. Sia nelle composizioni che nelle improvvisazioni la linearità diventa una chiave per rendere fruibile la stratificazione delle voci e delle attitudini: non a caso anche uno degli episodi più liberi ed aggressivi, vale a dire la lunga introduzione di Dream of mine, viene affrontato dal quintetto mantenendo in modo esplicito lo sviluppo melodico sopra il tempestoso lavoro della ritmica per arrivare in maniera naturale al tema e alle improvvisazioni: una libertà espressiva mai fine a sé stessa, estrema o slegata dal contesto. E lo stesso accade in Political Puppets, che individua già nel titolo una atmosfera “aggressiva”: la libertà e la contrapposizione delle linee non sovrastano mai il complesso equilibrio messo in piedi dal trombettista e finiscono per confluire in un ritmo serrato dalle reminiscenze balcaniche.


Nelle altre tracce, la melodia è il veicolo per dare spazio a ritmi differenti – il tango delicato di Bepi; ballate come Sirmione e Aurora; il groove moderno e incalzante di Where are you?, House of Cards e Cookie’s cream; accenti provenienti da tradizioni etniche – e alle doti solistiche del quintetto. Sigurtà guida la formazione con sicurezza tranquilla: sono le sue improvvisazioni lucide e le sue scelte timbriche e sonore a definire il tenore dei brani e ad indirizzare il dialogo tra gli interpreti e l’incontro degli stili, in un lavoro che, pur rappresentando un punto di partenza, viene disegnato in modo efficace e riuscito.