Clean Feed – CF 193CD – 2010
Louis Sclavis: clarinetto basso, sax soprano
Craig Taborn: pianoforte, piano Fender Rhodes
Tom Rainey: batteria
La formazione in trio che unisca musicisti di forte personalità individuale non è una realtà poi così nuova, basti guardare ai decani del Trio 3, di Revolutionary Ensemble o ai Bley-Parker-Phillips, seguiti generazionalmente dalle entità post-free quali ad esempio Mauger (di Hemingway-Dresser-Mahanthappa) o Fieldwork di (Iyer-Sorey-Lehman). E appunto da quel free che sembra rappresentarne il maggior terreno di sviluppo, si gemma un’ulteriore triade che, se non da brivido a considerarne i nomi coinvolti, difficilmente potrebbe deludere le aspettative. Craig Taborn, creativo attento anche al forte lato elettronico dell’improvvisazione, e di cui attendiamo di presentare il solo Avenging Angel, è ormai una presenza imprescindibile del pianismo “open”, avendo marcato con personalità collaborazioni il cui range da Chris Potter tocca le forme meno prevedibili, da Tim Berne a Suzie Ibarra. Non è nuovo il sodalizio del pianista con lo sperimentato batterista Tom Rainey, anch’egli militante nelle fila di Berne, e che oltre aver segnato grandi partnership con Fred Hersch o Tony Malaby fra i tanti, è adesso fra le varie istanze molto attivo a sostenere con la neo-consorte Ingrid Laubrock i mutevoli progetti Sleepthief e Anti-House. Dall’altra parte dell’Atlantico giunge a completare la formazione la peculiare personalità di Louis Sclavis, di spiccata sintonia verso le “note di viaggio” come nelle recenti incisioni Lost in the Way o Yokohama, o più a ritroso nella notevole esperienza africana con Romano-Texier ed il grande supporto d’immagini di Guy le Querrec (Carnet de Routes e African Flashback), segnando sempre i suoi interventi con speciale e visionaria creatività.
Premesse insomma non minime, per questa ripresa live del settembre 2009 in una insolita location portoghese, per le cure ancora una volta meritorie di Clean Feed, peraltro pienamente mantenute da un momento che non fatica a fissarsi agli scaffali più a vista dell’ascolto.
Plasmando con scintillante tocco anche momenti intuitivamente imbastiti da linee di scrittura, seducendo i sensi dell’ascoltatore con plaghe di lirismo inquieto, ma da cui traspariranno in poche mosse le sabbie mobili della rivolta tattica, per poi attaccare obliquamente con grandinate di schegge sonore, ora fittamente brucianti ora sabbiosamente nevose.
Importando del suo seduttivo clarino basso le gravità inusuali per un piano-trio, non fatica a farsi largo l’intimismo labirintico e feroce di Sclavis, interfacciato o indipendente dalle diagonalità e le agilità di pensiero ed azione delle spettacolari anarchie del pianismo di Taborn, embricandosi con le rocciose tessiture del battitore Tom Rainey, abile a scolpire e consolidare in profondità stratificati basamenti a-melodici, si embricano in piena libertà, mettendo a disposizione gli stili multilingue stratificati, diffondendo in parti triangolate e più che eguali, meriti e talenti in un documento vivo e un’autentica lezione di action-playing poetico e violento, da richiamare senza indugio sui nostri palcoscenici e che segnerà per l’orecchio aperto un’autentica esperienza.