Slideshow. Giulio Visibelli

Foto: Roberto Cifarelli










Slideshow. Giulio Visibelli.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo nuovo lavoro discografico?


Giulio Visibelli: L’ultimo lavoro pubblicato si intitola “Via Maestra” ed è stato registrato in quintetto con Franco Ambrosetti alla tromba, Roberto Cecchetto alla chitarra, Marco Micheli al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria. Le composizioni sono tutte originali ed intramezzate da interventi singoli.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


GV: La musica è entrata nella mia vita grazie, soprattutto, ai miei fratelli e cugini: mi ricordo distintamente il giorno in cui mio fratello maggiore arrivò a casa con un 45 giri dei Beatles (mi pare She Loves You).



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


GV: Negli anni Settanta, quando il rock progressivo andava di gran voga, nonostante stessi studiando musica classica, mi ero appassionato all’improvvisazione. Grazie alla guida di alcuni amici, tra cui soprattutto Franco Caroni, mi dedicai all’ascolto e studio del jazz per incrementare la conoscenza della materia.



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


GV: La parola ha un significato talmente ampio per me che non riuscirei più a tracciarne dei confini…



JC: Ma cos’è per te il jazz?


GV: È un modo per affrontare la vita!



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


GV: L’improvvisazione, l’introspezione, la libertà, l’interrelazione, la reattività…



JC: Come pensi che si evolverà il jazz del presente e il jazz del futuro?


GV: Il jazz è in continuo movimento come tutte le forme d’arte ma, nell’ambito delle arti di percezione auditiva, è sicuramente quella che rappresenta meglio l’attualità. La globalizzazione ed il mescolamento delle razze mi porta a pensare che diventerà sempre più universale.



JC: Tra i molti dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


GV: Il grande Cerchio con Mitch Forman, Marco Micheli e Bill Elgart ha rappresentato un traguardo importante ma ogni mia personale produzione è rappresentativa del mio percorso.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


GV: Ogni insegnante, amico, compagna, collega, studente mi ha insegnato qualcosa della vita. L’arte è un veicolo per esprimere se stessi. La musica è quello che più mi appassiona e nel quale mi ritengo di essere più comunicativo.



JC: Qual è stato per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


GV: Quello attuale…



JC: Quali sono i tipi di musicisti con cui ami collaborare?


GV: Quelli con cui mi relaziono bene dal punto di vista umano!



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


GV: Ho due lavori discografici in corso d’opera. Quartetto di sassofoni con batteria-percussioni. Rielaborazione per piccolo combo e quartetto d’archi di alcune delle composizioni di Giuseppe Pietri (compositore elbano di commedie musicali nelle prime decadi del Novecento).