Enrico Rava. Incontri con musicisti straordinari.

Copertina del libro. Foto: Andrea Boccalini





Enrico Rava. Incontri con musicisti straordinari.

Feltrinelli, Serie bianca. 2011.


Incontri con musicisti straordinari è il racconto in prima persona della carriera e delle esperienze vissute da Enrico Rava in giro per il mondo e in compagnia dei musicisti più importanti della storia del jazz dagli anni ’60 in poi. La vita, le riflessioni, le casualità fortuite e gli obiettivi perseguiti più tenacemente vengono riviste dal trombettista con tono leggero e fluido, con una narrazione spontanea e avvincente: Rava non indulge in autocompiacimenti, inserisce di tanto in tanto giudizi precisi e netti per far capire perfettamente il proprio punto di vista, colloca con precisione non pedante tutti i particolari, pensando giustamente a coloro che non conoscono tutta la storia del jazz come le proprie tasche. In qualche passaggio, apre al lettore il proprio privato, ma anche in questo caso con semplicità e per arrivare a comprendere aspetti della carriera che altrimenti rimarrebbero sospesi.


Il tono leggero nasce da due aspetti fondamentali. Incontri con musicisti straordinari non è un libro con una tesi da dimostrare e, dall’altra parte, si nutre della grande passione di Rava per il racconto di aneddoti e storie di jazz, come nota Stefano Bollani nella breve introduzione.


L’accento viene posto sulle personalità, già dal titolo, i musicisti, e dal sottotitolo, il mio jazz. Ma si avverte chiaramente sin dalle prime righe la relatività, la profonda e divertita vena ironica e autoironica. Nel libro Rava si sofferma maggiormente sulle pionieristiche avventure degli inizi che sugli avvenimenti di oggi. Come nota egli stesso nell’epilogo, i ricordi scorrono rispettando la cronologia fino ai suoi cinquant’anni: da quel momento in “poi tutto comincia ad accelerare. Questi ultimi vent’anni sono scappati ad una velocità sempre crescente”. Certo, la tensione della scoperta porta naturalmente nel testo e nelle sensazioni vissute una spinta narrativa maggiori e una più marcata “vocazione” all’aneddoto. Rava non scende mai né nel ricordo nostalgico e nemmeno in una rivisitazione orgogliosa. Sembra di stare in salotto, l’atmosfera è conviviale, estremamente confidenziale e partecipe, in un continuo succedersi di eventi, animato con leggerezza dagli incontri e dai rapporti umani – profondamente umani – con i musicisti e i personaggi dell’ambiente musicale, in Italia, in Argentina, negli Stai Uniti e in Europa.


Altra cosa interessante è la comparazione tra le diverse stagioni del jazz che emerge all’interno dei vari racconti. Non c’è la categoria del giudizio – e ancor meno quella del giudizio drastico e preconcetto. Si avverte nelle pagine come il vero salto di genere lo abbia fatto in questi anni la scena italiana recuperando il ritardo imposto dal ventennio fascista: il jazz nel nostro paese ha recuperato e superato il gap, si è evoluto in molte direzioni e, in alcuni casi, molto più di altre scene e ormai, per molti aspetti non ha nulla da invidiare nemmeno a quanto avviene negli Stati Uniti. Il fatto di essere più veloce nel tracciare i ricordi e riportare gli avvenimenti del jazz di oggi, non implica però che vengano tralasciati i musicisti più significativi per il presente di Rava, dai collaboratori più assidui agli incontri più occasionali. Il presente è, per forza di cose, meno storicizzato e storicizzabile, meno straordinario e più contingente: Rava riesce, con molta eleganza e immediatezza, a tracciare il confronto tra la situazione odierna e quella vissuta all’inizio della propria epopea, semplicemente accostando fatti e sensazioni, sapendo che ogni situazione ha i propri vantaggi e i propri difetti e che non esiste un passato aureo e un presente da condannare o viceversa.


Allo stesso modo è un libro ricco di citazioni letterarie e di riflessi storici, come, ad esempio, la costruzione delle Torri Gemelle a New York e l’avvento della dittatura in Argentina, di personaggi che fanno capolino, da Ruggero Orlando a Mike Bongiorno e, naturalmente, di jazzisti visti sul palco e ammirati, come Chet e Miles, oppure cresciuti nelle proprie formazioni, da quel talent scout che tutti abbiamo imparato a conoscere, o ancora, e rappresentano la categoria più quantitativamente presente, i compagni di palco e di vita, come Gato Barbieri, Steve Lacy, Aldo Romano e i tantissimi altri che vengono citati nel corso dei nove capitoli del libro.


Rava si autodefinisce un appassionato che suona: la dimostrazione è in tutti i riferimenti alla storia del jazz, nell’amore sperticato per i grandi maestri e i capiscuola della tradizione. Questo, anche e soprattutto, nei passaggi del libro che raccontano gli episodi maggiormente legati alla new thing e alle avanguardie.


È un libro, infine, che si fa leggere e rileggere: Incontri con musicisti straordinari riesce – nonostante sia una autobiografia, estremamente personale e profondamente vissuta dal trombettista – a non mettere l’accento con pesantezza sul protagonista e conduce il lettore al suo fianco dentro la storia e lo tiene avvinto alle pagine che scorrono veloci e sempre ricche di avvenimenti.