Foto: Copertina del libro
Lee Konitz. Conversazioni sull’arte dell’improvvisatore di Andy Hamilton.
EDT – 2011
Andy Hamilton, insegnante, critico, giornalista musicale e musicista, merita un grande plauso per aver scritto un libro importante, difficile e faticoso, su uno degli ultimi mostri sacri del jazz. Non è cosa facile scrivere un volume, a metà strada tra saggio e biografia, su una persona vivente che ancora produce musica e arte come fosse un ragazzo nel pieno dei suoi anni migliori. Bene ha fatto Hamilton ad impostarlo sotto forma di libro intervista così da riempirlo di tante voci che non sono limitate agli interventi di Konitz ma abbracciano una sfera molto ampia che comprende suoi colleghi (da Sonny Rollins a Ornette Coleman a Bill Frisell), partner musicali, collaboratori ed ex, che dicono la loro e in contemporanea costruiscono un profilo del musicista a più dimensioni e punti di vista.
C’è da aggiungere che il libro non è solo per gli addetti ai lavori ma è un ottimo viatico per chi suona jazz, per chi si vuole avvicinare e capire dal di dentro come un musicista della levatura di Konitz abbia costruito la sua carriera passo dopo passo, tra alti e bassi, tra voli e cadute, tra successi e insuccessi, gioie e sofferenze e soprattutto vederlo mettere in discussione quotidianamente il suo lavoro seguendo un percorso di estrema coerenza, rigore ed originalità. Il libro tratteggia con minuzia i primi passi di Konitz che vanno dalle frequentazioni della scuola ed entourage del grande maestro Lennie Tristano, al cercarsi un suono “diverso e suo” rispetto a quello dominante di Charlie Parker, alla partnership con il suo “sfortunato” alter ego Warne Marsh e all’entrata nell’orchestra di Stan Kenton. Poi le grandi collaborazioni con Miles Davis, Gil Evans, Bill Evans, Charles Mingus e tanti altri, per arrivare ai giorni nostri, al suo essere perennemente “nuovo”, infaticabile e propositivo, soprattutto con i musicisti più giovani.
Questo su Lee Konitz è un libro da avere, non solo per conoscere o approfondire la vita dell’altista ma anche per leggere un documento costruito su testimoni che hanno fatto e segnato la storia del jazz.